Il consiglio di ascoltarlo è diretto e sfacciato. Un esordio che proviene dal rock noir, scuro e alcolizzato della rabbia di provincia, quella che si costruisce con il poco e nulla che offre una terra volutamente lasciata ai margini, vista l’omologazione imperante da centri commerciali e arterie autostradali. Ma gli UNIBRIDO arrivano dalla montagna e alla montagna tornano, armati di rabbia che coltiva personale rivalsa contro il nichilismo. Un duo di batteria e chitarra che ha energia e nessun pelo di lingua per sputare in faccia alla propria rivoluzione. E non a caso si intitola “P.I.G.S.” e non a caso il “punk” dei giorni nostri, in questa salsa indie che troviamo tra gli inediti, fanno di questo disco qualcosa che ha il sapore della novità. Personalità che resta connessa, purtroppo, al mondo circostante. Da dentro le righe del sistema, ma in direzione ostinata e contraria.
Società e nichilismo. Le due parole portanti per questo disco, non è così?
Non so se siano quelle portanti ma di certo ci sono. La critica allo status quo e una visione profonda delle nostre miserie umane (due elementi imprescindibili per avere una percezione migliore del presente) stanno alla base di quest’album.
Un primo lavoro ufficiale… un disco figlio dell’urgenza o un lavoro figlio della rabbia e del libero sfogo di idee?
Un progetto nato per caso o forse no… non lo sapremo mai. Potrebbe essere figlio di uno sfogo e inizialmente un pizzico di legittima rabbia ci sarà anche stata, siamo incazzati quando non capiamo cos’è che ci provoca dolore. Successivamente però la composizione dei brani ha coinciso con una seria resa dei conti con me stesso, così la rabbia ha ceduto il passo ad una energia creativa diversa, non distruttiva.
Dalle montagne al resto d’Italia… dalla provincia alle grandi città. Non trovate che l’omologazione globale abbia in qualche modo appianato anche queste differenze? Un tempo la provincia era una cosa molto importante e ben differente dai centri città…
L’ideologia neo-liberista, mercatista e nichilista, essendo massmediaticamente univoca, colpisce tutto e tutti. La globalizzazione ha ridotto le grandi capitali mondiali a dei centri commerciali all’aperto tutti uguali. Ovviamente neanche la provincia si è salvata, ma al di là degli stravolgimenti estetici, a preoccuparci sono le condizioni psicologiche degli esseri umani. Diciamoci la verità: non stiamo bene per niente! Siamo o sfruttati o disoccupati, produciamo e consumiamo in maniera compulsiva, obbediamo ciecamente alle strategie di marketing come marionette senza anima inseguendo una felicità impossibile. I soldi sono l’unico vero idolo di questa società.
Pazzesco: la psicosi è ovunque, anche dentro me e te!
Il rock ma anche quel certo gusto per i “classici” del genere. Ispirazioni profonde? A chi dovete molto per questo lavoro?
La lista dei colpevoli sarebbe troppo lunga! Attingiamo l’ispirazione da generi e stili diversi per poi veicolare il tutto in un canale tendenzialmente rock. Da un punto di vista compositivo devo tanto all’alternative americano post-Nirvana e a quello italiano a cavallo tra i due secoli (Marlene, Afterhours, CSI, Teatro degli orrori). Senza dimenticare gli stimoli provenienti dal cinema di Kubrick, Pasolini, Marco Ferreri, Ron Fricke e dalla letteratura, dalla filosofia e la grande poesia del novecento.
Per quanto riguarda il sound, Marvin è un po’ più vintage, anche se cerca di avere sempre suoni il più possibile originali. Le contaminazioni arrivano dai Blues elettrici e psichedelici della Londra degli anni 60/70 (decenni meravigliosi).
C’è da dire però che entrambi, prima di scoprire di essere Unibrido, fantasticavamo sul suonare lo Stoner dei Kyuss.
E restando sul tema c’è l’ombra dei Nirvana che arriva prepotente. Non parliamo di genere ne di assonanze… parliamo di rabbia e di sfogo. Come dicevamo all’inizio. Quanto di questo tipo di “rock” c’è in questo disco?
Qualcuno diceva che si può scrivere canzoni solo quando si è di cattivo umore, secondo me in parte è vero, quindi è naturale che in alcuni brani ci siano leggere scie di frustrazione. Tutti abbiamo qualcosa che non va nella vita: problemi economici, un lavoro sbagliato, relazioni sentimentali complicate, l’incapacità di trovare un senso all’esistenza stessa. L’unico potere che l’essere umano ha per uscire dall’impasse è trovare uno stimolo creativo a tutti i suoi problemi. E’ l’atteggiamento che fa la differenza.
Al duo… è mai mancato qualcosa che potesse completarlo? Non a caso nel video di lancio siete in tre…
Preferiamo l’essenziale anche se cerchiamo sempre compagnia! In realtà possiamo vantare la collaborazione del nostro produttore Luigi Caprara che oltre a suonare le parti di basso e tastiera nel disco divide con noi il palco e i cori nei live. Wine Consuelo, l’attrice a cui presto la voce nel videoclip di Non c’è più tempo, è la nostra parte femminile che viene fuori, quella meno razionale, più ricettiva e creativa che in un contesto sonoro in cui la ritmica e le chitarre sembrano gli ostaggi di un countdown impazzito, prova a ritrovare se stessa oltre le parole, le paure e l’apparente insensatezza della vita.