Come incipit direi che chiarisce i toni e da chiavi artigiane per aprire la porta dei segreti: “Mangiasabbia ospita 1732 parole alloggiate in 12 brani per una durata di 55 minuti… orchestre stonate chiuse in comode celle.”
Guglielmo Ubaldi e Andrea Bondi, gli UBBA BOND, un duo di suoni indie, digitali e industriali, ma anche suoni colorati e strutture “pop” prive di quel rigore e di quella forma canonica che spesso sembra più una costrizione che una scelta. “Mangiasabbia” è il titolo di questo disco del duo “modulare”, “collettivo” all’occorrenza, tra paradossi e nonsense, aperto a contaminazioni e ad un certo cabaret futurista come lo definiscono… ma si respira anche l’indie maniera di un sottilissimo “post-punk” di dolcissime soluzioni. “Mangiasabbia” non può venir etichettato ne incluso dentro categorie di genere. “Mangiasabbia” va ascoltato con la libertà che ormai raramente la nostra mente ha di oltrepassare le staccionate di quel che l’abitudine vuole. Ma senza violenza e senza estremismi. “Mangiasabbia” è un disco anche molto coerente.
Un disco di parole tra le righe. Non siete mai diretti in queste liriche molto visionarie… perché? Vi nascondete o stuzzicate il potere critico delle persone?
Entrambe le cose, con spirito comunque involontario. In tutta onestà non ci siamo mai posti il problema e probabilmente non se lo pone nemmeno chi ascolta i nostri dischi.
Che poi invece nella costruzione melodica cercate comunque di percorrere strade conosciute almeno dentro i canoni della scena indie. Avrei creduto di trovarmi di fronte a trasgressioni di forma anche in quel senso… e invece… sbaglio?
Sbagli…oppure abbiamo sbagliato noi…nel senso…se non riscontri trasgressioni di forma anche nelle costruzioni armoniche e negli arrangiamenti allora abbiamo mancato l’obiettivo.
Un disco come questo mi lascia pensare che sia prioritaria la voglia di “trasgredire” alla forma canonica. Cosa ne pensate? Che significa per voi “la forma” e che regole dell’arte ha?
Non siamo abbastanza intelligenti per rispondere a questa domanda. Ce n’è una più facile?
Un duo artistico formato da un musicista e un fonico. La parola e il suono… chi insegue cosa? Qual è il motore trainante della vostra scrittura? Il suono o la parola?
Sbagli anche in questo: siamo entrambi musicisti e anzi, il contributo fattivo del Bond in questo senso è di gran lunga predominante avendo lui suonato il basso, la batteria e la maggior parte delle chitarre. Ciò detto, il fatto che il Bond sia anche un fonico è sicuramente determinante perché il gesto artistico inizia con la scrittura, continua con l’arrangiamento e prosegue con la registrazione e il mix. Ognuno di questi passaggi è di per sé un contributo artistico determinante per il risultato finale. Per quanto riguarda invece la parola e il suono nel nostro caso si influenzano a vicenda: “Sushi” prima si chiamava “Adriatico” ed aveva un arrangiamento, poi ci è venuta l’idea degli eschimesi e quindi abbiamo dovuto modificare l’arrangiamento per accompagnare un testo completamente nuovo, poi a sua volta il nuovo arrangiamento ha richiesto ulteriori e profonde modifiche al testo. È una continua partita a tennis tra le parole e la musica.
Infine, ci raccontate del significato della sabbia? Cosa rappresenta? In genere si mette la testa sotto la sabbia… non ho mai pensato di poterla mangiare…
…che è uno dei motivi per cui sei ancora vivo. Bravo!