Ci piace tantissimo questo suono che richiama soltanto allegorie e visioni romantiche. Lo shuffle che si macchia di jazz, il blues che non è di note nascoste quanto più di alcool indecente dentro bettole di sobborghi. Ma non eccede in questo, non si schiera ne dalla parte elegante di Conte ne da quella dannata di Waits. E poi il mare dei profughi o di coloro che emigrano, l’amore ai tempi del colera (come citerebbe qualcuno) e poi la sabbia che arriva nonostante a Torino neanche si vede di lontano il mare. Ma questo disco oltrepassa i confini, arriva in Sicilia e poi sbarca in Africa. E poi ricorda… tantissimo direi.
Tiberio Ferracane scrive “Magaria”, disco di inediti e di omaggi, disco che doveva veder la luce con il marsigliese Philippe Troisi che però ci ha lasciati prima del tempo. E infatti a lui dedica l’opera, infatti è con la sua “Valse à Rocco” che il disco di Ferracane si apre (un accenno soltanto) e si chiude. Ed il sogno della vita si esprime in ogni angolo, sin dalla primissima “La casa sognata”, con le sue aperture francesi di primavera e speranza, con i suoi figli cresciuti, con i suoi sapori di pane…
E poi la passione che arriva dall’amore che si veste di rosso, dalla “Magaria” che da il titolo al disco, dagli incantesimi e dal sapore di tango argentino. Che bella è “Vento di scirocco”, brano italiano in tutto e per tutto che un poco esce dal mood che avevamo nelle vene sino ad ora… si torna nel pop leggero italiano e qui la timbrica viscosa di Ferracane, unito al vestito che indossa, ci ricorda quel Fausto Leali dei tempi d’oro. E senza allontanarci troppo, che punto alto è “Dall’altra parte della notte” dove sinceramente avrei liberato la voce dal riverbero che rende tutto di nuovo molto italiano… avrei cercato più la luce soffusa che un’apertura “pop” di questo genere. E qui l’amore narrato e cantato tocca un punto altissimo di tutto l’ascolto. Forse il vero nodo del disco. Ricamo degno di un Fossati che torna alla mente con la sua “C’è tempo”. Non scopriamo oltre che il disco regala anche sorprese di genere e di forma, come ad esempio la scelta di Ferracane di inserire anche 8 brani storici della canzone italiana come “U’ pisci spada” di Modugno, brani dello stesso Troisi e cose meno conosciute al primo ascolto che vi lasceremo scoprire. Tra l’altro, in questa sede, Ferracane non ne fa un omaggio didascalico ma amalgama tutto con grandissima personalità e coerenza del tutto.
“Magaria” testimonia ancora una volta di come la penna dei nostri cantautori non sia sepolta sotto le macerie lasciate dalla trap e dalle nuove mode… anzi… nonostante i “grandi cantautori” continuino a fare concerti di rendita senza sfidare il mercato con nuove scritture. Spazio ai “nuovi”? Chissà… beh Ferracane è nella terra di mezzo e da li la strada è decisamente in salita.