Un titolo forte sicuramente ma serve al sottoscritto per sottolineare quanto di grande ci sia nel progetto di Luca De Santis alias SUVARI. Un disco di rinascita, un disco di rabbia e di rivoluzione, un disco che nasce dalle macerie personali, un momento di salute precario, il ritorno in provincia, il mondo dietro una finestra, la riabilitazione… e poi il computer per fare la sua musica. Esce questo disco dal titolo “Prove per un incendio” pubblicato da To Lose la Track / Audioglobe che direi da solo può bastare ad incidere a fuoco questa chiave di lettura. E poi il suo pop digitale, il suo cercare melodie che trova ma che forse dovrebbe marcare di più, questa voce liquida e snella come la sua figura. Canzoni da toccare con mani pulite e pensieri liberi da costrizioni. Alla fine esiste sempre una soluzione. L’importante è dar vita all’incendio di ognuno.
Parliamo di questo incendio: qualcosa che hai dentro, qualcosa che vorrai raggiungere o qualcosa che senti che sta per accadere?
Diciamo che è qualcosa che è già accaduto. Il mio incendio è stata una malattia che mi ha tenuto a casa per un lungo periodo, mi ha fatto annullare tutto quello che stavo facendo nella mia vita in quel momento specifico, mi ha fatto spaventare e mi ha fatto riscoprire una forza che non credevo di avere. L’ho dovuto affrontare lasciando che bruciasse tutto in modo controllato, per poi ricostruire sopra al suo passaggio.
Fare le prove per un incendio per affrontare e guardare in faccia ciò che ci spaventa, in modo da essere realmente pronti a gestire e controllare gli imprevisti, ecco le prove per un incendio.
Elettronica. Per te anche un segno di reazione oltre che di soluzione. Come dire: senza elettronica, che cosa avrebbe fatto Suvari?
Si, il mezzo elettronico mi ha permesso di realizzare musica da solo, in maniera completa e a 360° rispetto a quello che avevo in mente. Senza l’elettronica non so, la prima idea era quella di raccogliere tutti i miei amici musicisti e far suonare ad ognuno di loro qualcosa, raccontando il mio mood e che tipo di canzoni avrei voluto fare. Non sarebbe stato difficile trovare carissimi amici disposti ad aiutarmi in questo, ma certo avrei perso una forma di intimità che ho trovato nella scrittura di questo disco, e soprattutto uno sfogo in tutte quelle ore passate da solo davanti al computer.
Dalla provincia nasce il caos o nasce la voglia di “riprendersi il caos”?
A 18 anni la provincia mi aveva creato tantissimo caos in testa, a 30 ritornare a viverci mi ha fatto capire di dover trovare una sua logica e un suo equilibrio in quel caos. Quindi la risposta è si ad entrambe le cose, spostandole in momenti diversi della vita.
Cito (quasi) testualmente: “Poche parole basta che facciano effetto” oppure “Arriveranno prima tutte le risposte se scorderemo le nostre domande”. Manifesto o denuncia?
Un manifesto personale, dove spero si possano identificare gli ascoltatori. E’ soprattuto un grido, uno sfogo, una voglia di mettere nero su bianco una rabbia molto forte di un momento specifico e trasformarla poi in un mantra da cantare ad ogni concerto.
Suvari: ha ripreso il suo caos?
Suvari sta sguazzando nel suo caos. Ma è proprio lì che si vive pieni di energie e voglia di fare.