Parliamo di un Ep, di un esordio, di un’opera prima alla quale perdoniamo delle ingenuità che forse invece dovremmo noi codificarle in altra chiave, come fossero avventure d’espressione, ricerche e personalità. “Supersonic Bus”, opera eponima della band veneta che si presenta in una cover disegnata, diretta conseguenza della narrazione che dalla vita pesca ispirazione e alla vita restituisce allegoria quotidiana.
Un rock inglese dicevamo con questo comparto di drumming assai tagliente e poco espressivo, dalle frequenze alte che di quando in quando disturbano e creano sicuramente un punto forte di riconoscimento. Ogni cosa che si fa sghemba alle abitudini è segno di personalità che si rende scomoda a chi cerca sempre di riconoscersi dentro le solite etichette. E poi i Placebo imperano nell’aria di quel sentito che si portano dietro i nostri, forse complice questa voce sottile, forse anche rinchiusa dentro i colori sospesi e distopici della scrittura melodica.
“Supersonic Bus” si aggrappa anche molto ai nostri anni ’90, i primi soprattutto, e li troviamo anche nel mood con cui hanno pensato il video ufficiale di “Bomb in the Meadow” e questo ci lascia pensare che le derive sghembe di cui sopra siano invece tasselli ben studiati, discutibili forse, ma certamente voluti. Un ascolto interessante insomma che merita approfondimento e attenzione.