Che meraviglia questa parabola futuristica che sembra proiettare un primate vero l’evoluzione e oltre il cosmo. Detta così sembra una follia ma ragioniamoci appena: ha molto senso invece. Artista visionario Alessandro Zannier che proprio in Cina ha presentato questa sua “scultura” (non so se il termine è esatto…chiedo scusa anzi tempo). E prima di proseguire scoviamo in rete un bel video che ne immortala il momento:
Ecco spiegata la copertina del sesto disco del cantautore digitale Alessandro Zannier dal titolo “Micromega”. Per tutti lui si fa chiamare Ottodix (dal nome del collettivo musicale fondato da lui). Ottodix non sembra saccente ne egoista, neanche fuori contesto. Probabilmente siamo noi i prima a peccare di scarsa immaginazione e poco reflusso culturale, della parola in prima battuta e del suono poi. L’ascolto si apre con “CERN” e già subito sono palesi e meravigliosi i due protagonisti di questo nuovo suono: da una parte c’è l’elettronica finissima e ambiziosa che spesso inneggia al viaggio spaziale e dall’altra c’è l’orchestrazione che questa volta più che nei dischi passati si fa ricca di gusto e di mestiere grazie alla cura e alla collaborazione di Flavio Ferri. Questa voce di Ottodix sempre sospesa in un film computerizzato che parla da lontano quasi fosse un fuori campo della coscienza che ci racconta la visione dell’uomo dalla particella elementare – appunto “CERN” come ovvio rimando ai laboratori – fino a brani decisamente eterei e psichedelici come “Sinfonia di una galassia” e la chiusura dedicata a “Multiverso” decisamente industriale e ghettizzata dentro tubi di metallo e allucinogeni sintetici. In radio e in pasto alla critica Ottodix lancia il singolo “Micromega Boy” che forse rappresenta il momento più pop del disco in cui da un lato la sfacciata voglia di parlare della situazione sociale dei rapporti sociali sui social, poveri di spessore e ricchi di circostanza. Nell’inciso incalza una voce femminile che rimanda la mia fantasia ad un Nirvana computerizzato, in un moto circolare a ripetere “I Like, I Like it”. Perchè oggi è così che misuriamo le cose e le persone.
Impossibile da archiviare in una recensione un’opera di simile fattura. Di sicuro i più ne resteranno spiazzati e per dirla tutta penso che ci siano i margini per sottolineare quale grande abisso ci sia oggi, purtroppo, tra la mediocrità culturale della massa e l’espressione ricercata di chi ha bisogno di depurarsi da certi schemi. Una distanza che crea sempre più disagio a chi conserva ancora il gusto della fantasia…