Tra la California e l’ottimismo perché il suono mi rimanda su quelle strade e già dal titolo come dalla luce di questi brani si respira energia buona e aria nuova. L’esordio torinese dei MONS si intitola “Non può piovere per sempre” e in realtà ha poco dei cliché della nostra forma canzone, affidandosi di più a stilemi RnB americani, per fare una sintesi violenta. C’è del funk ma anche dell’hip hop… e nel calderone non mancano i legami con la nostra terra d’origine. Di sicuro è aria nuova nella scena indipendente italiana, di sicuro si va oltre ai normali classici digitali a cui siamo ormai assuefatti. E poi, come diranno anche loro, anni ’80 (e io aggiungerei anche ’90) per tutto il resto dei giorni.
America in tante sfumature dentro il vostro pop. RnB, Rap, ma anche fusion… tutto molto interessante: da dove venite musicalmente?
Siamo tutti e cinque molto “onnivori” musicalmente parlando e le nostre influenze principali vanno da Anderson .Paak, Tom Misch, Mac Miller fino a Willie Peyote, Davide Shorty e Ainè per quanto riguarda la scena Italiana.
A livello personale la nostra formazione musicale vede al centro la scuola di musica UpStage MusicLab di Grugliasco (TO), una realtà stupenda a cui rivolgiamo un saluto e speriamo possa crescere sempre di più.
Sembra quasi che la canzone italiana non abbia messo “bocca” nella vostra scrittura o sbaglio? Testo a parte intendo…
Verissimo, la scena italiana ci ispira e ci fa capire come si evolve la musica nel nostro Paese ma tutti ci sentiamo più “cosmopoliti” musicalmente e quindi, tolto la lingua, ascoltiamo e ci ispiriamo a tanti musicisti oltreoceano.
Che poi in realtà quel certo modo di strutturare il rap è si molto italiano… non credete?
Assolutamente, la lingua italiana a differenza della lingua inglese è molto più aperta e ricca di sfumature di significato. Questa peculiarità, vista da molti come uno svantaggio, offre in realtà una varietà di figure ritmiche a livello di “flow” molto differenti dalla lingua inglese e siamo contenti che anche in Italia la scena rap abbia proseguito su un filone a sé nel quale, almeno in parte, ci rispecchiamo.
“Non può piovere per sempre”. Sembra un titolo adatto a quel che stiamo vivendo… in generale è un lavoro di speranza?
Abbiamo scelto questo titolo proprio per marcare il messaggio di speranza che porta l’intero album, il fatto che dopo un dolore, una sconfitta o un periodo buio arrivi anche il nostro momento di gloria.
Nonostante un titolo così ricco di luce comunque la vostra musica ha sempre colorazioni intime, scure, c’è un retrogusto di sofferenza o sbaglio?
Le canzoni sono profondamente autobiografiche e la vita a volte si rivela misteriosa, scura, spesso viviamo situazioni che ci fanno soffrire ma dobbiamo saperci rialzare e trasformare la nostra sofferenza in gioia, in felicità. In fondo non può piovere per sempre!
A chiudere… figli degli anni ‘2000 o degli anni ’80?
Anni ’80 tutta la vita.