Torna in scena la canzone napoletana di Lu Pagano. Prodotta negli studi Megaride a Napoli, esce “TaraTarè”, brano che troviamo dentro tutti i canali digitali anche ricco di un bel video ufficiale. La tradizione napoletana, la dimensione popolaresca e una voce vissuta che sa gestire bene le chiuse e i glissati per dare quella tanto famosa espressione teatrale al cantato. Lirica che agli ultimi si rivolge guidata per mano anche dalla preziosa collaborazione dell’orchestra e gli arrangiamenti di Antonello Cascone, collaboratore anche di Andrea Bocelli.
Napoli… non hai pensato di girare questo video a Napoli?
Per questioni di necessità ho scelto Reggio Emilia, anche perché con il gruppo della Cambusa lavoravo da anni. Ma Napoli resta al primo posto. La canzone “TaraTarè” è l’omaggio alla mia città di origine. Ho racchiuso in questo brano gran parte del mio trascorso artistico e, se ci fai caso, le influenze provengono tutte dalla mia terra.
Ti anticipo però che nei prossimi brani potrei cedere anche alla tentazione di omaggiarla di nuovo, ma stavolta con un videoclip.
Bella la metafora della vita, degli scacchi… anche di questa parete frastagliata… tutto è un caso?
Io credo che sia il videoclip quanto la canzone, in generale, non devono lasciare nulla al caso. Se si vuole lanciare un messaggio, bisogna utilizzare ambedue le cose.
Tutto ciò che vedi nel video ha un senso. Ho scelto di aprirlo, camminando su di un palco di teatro, così da far capire che avrei rappresentato ciò che fa parte della “vita” di ognuno di noi.
Quindi, le inquadrature della scacchiera (per essere precisi della partita a scacchi) sono l’eterna lotta tra il bene e il male, mentre ho scelto quella parete per far capire l’enigma della vita, dove ad ogni passo può esserci un ostacolo. Ma devo anche specificarti che video e canzone si completano, perché il messaggio finale è che, nonostante tutto, la vita vale la pena di essere vissuta e come dico nel testo: “c’arrangiammo tutt’e juorne (troviamo il modo di andare avanti tutti i giorni) cu a speranza e cu nu suonno” (con la speranza di realizzare un sogno)”.
E Pulcinella? La maschera? Che legame trovano per davvero?
Pulcinella è la maschera napoletana per eccellenza, ma è anche la filosofia di questo popolo. Ha sempre incarnato gli ultimi, i più deboli e, soprattutto (e qui viene fuori la filosofia) pur essendo consapevole dei propri problemi, riesce sempre a venirne fuori con un sorriso. Però nella canzone assume anche altri significati: io, grazie a Pulcinella, ho voluto far riemergere il bambino che è dentro di noi ed anche rappresentare la maschera che portiamo a seconda delle evenienze.
Anche il suono ricerca il vintage… non hai pensato di andare verso il futuro?
Non sono mai stato legato alle mode. Credo che un cantautore debba rappresentare prima di tutto ciò che è diventato grazie alle esperienze di vita. Inoltre, io cerco di portare, come ti dicevo all’inizio, un messaggio e questo viene dall’anima. Non mi sento vicino a chi fa musica per tendenza, ma non per questo condanno… credo nella libera scelta. Dico solo che la musica per essere “per sempre” deve essere sentita da chi la compone e da chi scrive i testi. Verso il futuro voglio andarci con tutto il mio bagaglio e, se possibile, farlo conoscere anche ai giovani.