Libertà. Quando c’è libertà di incontrare il mondo e la sua musica allora tutto diventa un cuore pulsante di ispirazione e di forma, di scrittura e di suono. I pugliesi de La Municipale Balcanica fanno questo dal loro esordio che poi ha significato mondo da girare e rigirare in musica, dischi e concerti. Insomma: la ricetta perfetta per la contaminazione. Esce il nuovo disco “Night Ride” e sono 8 inediti e nessun brano della tradizione. Che poi tradizione, per loro, non significa musica Balcanica in senso stretto e questo lavoro lo dimostra. Ormai siamo tutti troppo schiavi dei nomi e delle etichette. Oltre non sappiamo andare. Ma oltre dobbiamo andare per “salvarci” dall’omologazione. E questo lavoro, prima ancora di solleticare l’appetito ed il gusto serve per spronarci ad oltrepassare la staccionata e restituire alla musica l’ascolto attento e quel peso culturale e sociale di cui tanto si nutre. E se quindi il singolo “Transylvania Party Hard” è in pieno stile come da titolo (anzi come da etichette), provate ad ascoltare “Rusty” o “Ogni Stella”. Chissà che non si smetta di pensare solo e soltanto alla forma canonica. Un buon ascolto davvero…
La prima domanda è davvero immediata e forse banale ma non possiamo esimerci. In oltre dieci anni di attività live cosa vi spinge solo ora a scrivere di vostro pugno un intero disco di inediti?
I brani inediti li abbiamo sempre composti e sempre hanno rappresentato la maggior parte della tracklist di ogni nostro album. In “Night ride” abbiamo però superato quello che sentivamo una sorta di nostro dovere, ovvero mettere tre, quattro brani che provenivano da tradizioni musicali diverse facendoci quasi divulgatori con i nostri ascoltatori di culture musicali lontane. In “Night ride” abbiamo messo solo nostri brani perché crediamo che, dopo ormai sedici anni di attività, il pubblico sia cresciuto con noi e non abbia bisogno di “guide” nell’esplorazione di nuovi orizzonti musicali.
Ho la forte impressione che oggi la musica sia divenuta solo un mezzo di intrattenimento, persino firme illustri della cultura come un De André oggi sembrano aver perso la forza culturale e suonino bene solo per far girare l’intrattenimento. Voi che ne pensate?
Oltre che intrattenimento ci pare che sia, o che stia tornando a essere, un “accessorio” che si ostenta come qualunque altro per mostrare la propria identità. I brani non vengono solo ascoltati privatamente o in gruppo ma anche condivisi e mostrati agli altri sui propri profili social. Si ostentano anche i giudizi sulla musica in post e commenti sempre più provocatori e “tranchant” che sempre meno hanno a che fare con una analisi almeno minimamente competente, limitandosi a insulti nei confronti di ciò che non piace o provocazioni. Questa deriva rende difficile parlare di musica senza pregiudizi e facilita la settarizzazione. È sempre più raro in pratica trovare chi abbia a cuore la musica in sé. La prossima generazione di ascoltatori forse sarà più equilibrata e consapevole e saprà riconoscere qualità artistica, storia e profondità degli artisti andando oltre generi, apparenze.
Dalla precedente domanda discende la curiosità di sapere: oggi la vostra musica, in generale non trovate che la musica che proviene dalle culture balcaniche, ebraiche, greche, turche e quant’altro, che di fondo pongono la loro genesi in ritualità religiose e sociali, vengano a perdere oggi il loro cuore pulsante del loro significato, la loro ragione e il loro senso in luogo del mero intrattenimento?
Sta agli artisti non perdere la loro integrità, non facendosi condizionare, raccontando la storia propria, e della musica che eseguono, con la giusta serietà ma anche con la giusta leggerezza. Onestamente possiamo dire che il pubblico non ci ha mai deluso e, anzi, è sempre stato molto ricettivo, capace di cogliere, comprendere ed entrare in sintonia con ciò che offriamo. I significati ancestrali e rituali di ritmi e melodie che, con studio ed esperienza, sono divenuti nostro bagaglio la gente li percepisce e non abbiamo bisogno di fare pesanti preamboli e accademiche dissertazioni per farli comprendere. Per noi l’intrattenimento non è fine a se stesso così come la festa, la vicinanza e lo starsi “addosso” in un concerto. Sono tutte cose serie per noi e la musica che suoniamo, senza pesantezza, deve essere il catalizzatore delle energie che il pubblico possiede e deve esprimere.
È assai vero che con l’espressione balcanica oggi si fa un minestrone gigante ed è anche vero che ad esso è associato il ballo, la festa, un sottofondo frizzante e sensuale… voi che avete dedicato una vita artisti a questo mood, come la vivete questa profonda dicotomia?
Diciamo spesso che, così come la bellezza, lo stereotipo è negli occhi di chi guarda. Il nostro legame con la cultura balcanica è nato dall’incontro con i rifugiati arrivati nella nostra terra, in Puglia, durante e dopo la guerra nella ex-Jugoslavia. Quindi il nostro contatto con la cultura balcanica è legato a un dramma altro che alla baldoria tipica dell’immaginario balcanico! La festa, la voglia di farsi trascinare dal ritmo mentre si è in compagnia sono una reazione, un rito collettivo in cui la musica manifesta la sua carica coinvolgente per creare vicinanza, senso di comunità, sollievo dopo un viaggio difficile. Dalla cultura balcanica, che è solo una parte delle nostre influenze, abbiamo imparato che la festa è una cosa seria e cerchiamo di raccontarlo nei nostri live e nei nostri brani quando questa influenza affiora.
Dal comunicato stampa leggiamo: “Night Ride” raccoglie brani che coincidono con diversi episodi dello stesso racconto. Parlateci di questo racconto…
Senza accorgercene ci siamo allontanati dalle atmosfere solari che erano, pur non esclusivamente, un nostro tratto distintivo per fare davvero un viaggio nella notte, nei suoi luoghi, colori e nelle sue sue sensazioni. “Ci ritrovammo in una notte oscura” potremmo parafrasare scherzando. In questa notte c’è l’ammirazione del cielo stellato, la solitudine, la voglia di perdersi e poi ritrovarsi per non restare soli. Ci sono i giochi con gli amici nottambuli, le riflessioni profonde che partono da uno scherzo. E nella notte ci sono anche i misteri, e gli incubi. La notte è complice di chi si innamora ma nella notte si può avere paura così come ci si può finalmente sentire liberi e lontani da occhi indiscreti. Abbiamo raccontato tutto questo in “Night ride”.
Dunque possiamo chiamarlo Concept Album?
No, anche se sarebbe un progetto ambizioso e affascinante un concept album.
Esplorazione del nuovo. Devo dire che ci incuriosiscono tantissime scelte dentro questa tracklist. Dunque quasi mi verrebbe da dire che la spina dorsale di questo lavoro ormai non è più la musica dei Balcani in senso stretto… e forse neanche in senso generale…
Alla musica balcanica dobbiamo tanto come abbiamo detto e tributato nel nostro stesso nome, in più siamo fieri di essere stati un ponte di contatto tra il pubblico italiano e una cultura musicale differente. Ai Balcani abbiamo dato il primo sguardo dato fuori dai confini in cui ci eravamo formati musicalmente, ma la cosa più importante per noi è stata la libertà di viaggiare imparando cose nuove con curiosità e onestà, senza cercare di imitare stili che non ci appartenevano ma mettendo le nostre esperienze al servizio di nuove canzoni. Il nostro nome non annuncia il nostro genere musicale ma richiama il primo passo della nostra storia di band. La cosa più bella è la libertà di questo mestiere e, in “Night ride” questa libertà ce la siamo presa e goduta senza dar conto a nient’altro che ai nostri gusti in costante evoluzione.