Ecco l’esordio di ALEA…ecco l’esordio di Alessandra Zuccaro. Un lavoro che ci parla di intimità e ansie, paure recondite e modi per sconfiggere le “lune” cattive. Si intitola “Spleenless” ed è misurato a dimensione d’uomo e di donna. Un sound che ci trascina nel noir americano di Nina Zilli che resta li pacata ad osservare il tutto come a volerlo in qualche modo benedire. E come non pensare a tutto questo quando suona in sordina la tromba e quando la voce descrive melodie di cui Giorgia ha fatto incetta…che poi a tratti anche la timbrica vocale di ALEA sembra cercare proprio quel certo tipo di disegno e di suggestione. Un disco vintage che in brani come “Relais” affoga unghie e istinti proprio nelle più classiche delle strutture jazz e blues del tempo…e poi la direzione artistica di Pasquale Carrieri ha dato del suo restituendo a tutto il lavoro un’impronta live che fa pendere l’ago della bilancia in una direzione meno artefatta e industriale delle solite minestre pop italiane. Ospitiamo ALEA e cerchiamo di carpire altro che magari si nasconde tra le righe…o magari no…
Partendo dal nome ti lancio uno spunto per l’analisi che vorrai condividere con noi: ALEA e subito penso a qualcosa di ALEATORIO…sospeso, in bilico, un “vedo non vedo” che poi chissà quanta metafora nasconde dietro le righe…
Mi fa piacere che vediate tanto mistero e cultura dietro questo nome d’arte, quindi spero di non deludervi con la mia risposta.
Mi sono ispirata alla celebre frase di cesare, ma il secondo significato della parola ALEA (oltre “Dado”) è “sorte incerta”. La sorte di tutti noi è ovviamente incerta, chi può saperlo cosa ci accadrà domani, o se riusciremo a raggiungere i nostri obiettivi, o se dopo la vita terrena non diventeremo musica. Discorsi troppo metafisici da fare in questo momento, si aprirebbero parentesi su parentesi. Essendoci poi l’assonanza di questa parola con il mio nome reale … come direbbe Cesare :” il dado è tratto”! 😀
Essere figlia d’arte per te che significa? Sei una cantante o in generale sei l’artista che vediamo oggi anche per questo?
Di sicuro il mio destino era segnato. Con questo non voglio dire che tutti i figli di dottore faranno i dottori, ma d sicuro crescere in un ambiente perennemente stimolante dal punto di vista musicale, mi ha dato la spinta per diventare ció che sono oggi. Guardare il primo album in vinile di mio padre sullo scaffale, ascoltare la sua giovane voce che cantava parole scritte da lui, ha sicuramente contribuito alla mia voglia di fare l’artista, ma soprattutto vedere la sua stessa passione ancora dopo quarant’anni nel continuare a farlo, mi regala grinta e mi da la forza di andare avanti. Come ogni figlia poi ho cominciato a camminare con le mie gambe andando avanti da sola, ampliando i miei ascolti, studiando sempre di più , nutrendomi delle conoscenze musicali e non che mi davano nuovi impulsi e nuovi consigli.
Di sicuro ancora oggi il primo consiglio e l’ultima parola sul mio lavoro, deve essere di mio padre.
Un titolo inglese per un disco italiano. Come mai?
Perché scrivere Malinconia sarebbe stato riduttivo e ancora meno carino sarebbe stato scrivere ” senza milza”, mentre in “spleen” è racchiuso più di un significato, più di un senso e più risposte alla stessa domanda. Non vorrei spiegare troppo perchè vorrei che ognuno desse il proprio significato a questo titolo ascoltando le mie canzoni.
Una produzione che strizza l’occhio al vintage: dal punto di vista sonoro o da quello compositivo e di arrangiamento?
In una fase in cui sequenze elettroniche vanno per la maggiore, io provavo nostalgia e bisogno di suoni originali, avevo voglia di contrabbasso, di Fender Rhodes, di improvvisazione è creatività. Così io ed il mio arrangiatore abbiamo ricercato suoni più vintage e ci siamo divertiti a fare una registrazione live in direct. Per il resto ,peró, è un disco moderno che tratta temi del tempo che viviamo e dal punto di vista musicale anche, non sono l’unica ad inserire un pó di jazz nel pop, il jazz fa bene.
Un riferimento vintage, un voler tornare indietro…perché? Perchè non guardare al “futuro” dato che sei un’artista di oggi che parlerà domani?
Parto dal presupposto che alcuni aspetti del presente non mi piacciono, sia da un punto di vista musicale, che per come si vive la musica oggi, o per il poco spazio che si da agli artisti indipendenti. Ma il mio non è assolutamente un voler tornare indietro, anzi è il contrario. Innanzitutto non credo che amare la musica o artisti del passato significhi non guardare avanti, amo molti artisti contemporanei come Erykah Badu, Esperanza Spalding o Josè James, anche se sicuramente molto lontani da ció che va oggi ” di moda” nelle radio in Italia. Ad ogni modo penso che si possa andare “oltre” proprio grazie al grande passato musicale che abbiamo, creando novità partendo da solide basi. I piedi sul terreno ed il cielo negli occhi.
Da qualche parte ho letto nomi di Ella Fitzgerald, Giorgia e altri. Spesso i riferimenti che un giornalista può fare ad un artista sono sempre sbagliati. Spesso dietro l’ispirazione, ho avuto modo di scoprire mondi inaspettati. Non mi stupirebbe se tu provenissi dalla scena metal. Quindi, ALEA di chi è figlia oltre che dell’arte di famiglia?
In effetti non ho solo ascolti jazz, chiaramente. Ho sempre ascoltato un po di tutto, amo l’opera ma conosco ogni parola dei testi dei Doors, la mattina mi piace ancora ascoltare i Queen e la sera metto su un vinile di Monk. Non rifiuto nulla e penso che per ognuno di noi ci sia un momento per ogni genere musicale, una fase di vita in cui ascoltare un determinato Artista, una perfetta canzone per un preciso stato d’animo. E poi ovviamente, chi non ama i Rage against the Machine?!
In realtà peró l’ispirazione per ció che scrivo non la prendo da nessuno in particolare, semplicemente viene fuori ció che io sono, probabilmente risultato di tutti gli ascolti della mia vita. Di certo non potrei rinunciare mai ad un pó di blues.