Quando il pop trova sottili soluzioni digitali da mescolare dentro quel modo industriale e di periferia. La voce che sfida i contorni dell’auto-tune e quel sapore di irriverenza neo-melodica quasi trap. Mescolando il tutto con mestiere e potere cinematico, tantissimo, c’è “Due Anime” il primo disco del milanese Federico Bottini in arte MyalOne. Un disco che la rete ci ha anticipato circa un mese fa con il singolo “Ti avrei dato il cielo” con un bel video ufficiale che troviamo in rete.
Cemento, periferia, r’n’b e hip hop di nuovissima generazione. L’America è un punto centrale per te?
Assolutamente sì. L’America è da sempre un punto di riferimento, soprattutto quando si parla di r’n’b e hip hop. È lì che tutto ha avuto origine, dove le strade hanno iniziato a raccontare storie con ritmo, flow e anima. Crescendo tra cemento e periferia, quelle vibrazioni mi sono arrivate forti, reali. Non si tratta solo di imitare un suono, ma di condividerne lo spirito, adattandolo alla mia realtà, alla mia gente. L’America è una musa, ma la mia voce ha radici qui, dove ogni battito racconta chi sono.
E se ti dicessi Berlino? Ci sento molta vena esterofila piuttosto… Berlino?
Allora parliamo di un’altra vibrazione ancora. Berlino è cruda, elettronica, viscerale. È una città che ti sbatte in faccia le contraddizioni, ma anche un melting pot artistico pazzesco. Sì, c’è una vena esterofila, lo ammetto. Ma non è voglia di scappare, è fame di assorbire. Berlino mi affascina perché ha quell’energia sporca e libera, dove tutto può succedere.
Quella libertà, quel modo di vivere l’arte senza filtri, me la porto dentro e la riverso nella mia musica. È come se ogni città mi lasciasse un colore diverso… e Berlino è grigio acciaio con sfumature neon.
Il video ufficiale? Un disco dal forte potere cinematico…
L’album ha un forte potere cinematico, quindi stiamo lavorando a un visual che rifletta questa atmosfera. Immagina una narrazione visiva che accompagna la musica, con immagini che evocano emozioni profonde e scenari suggestivi. Sarà più di un semplice video musicale; sarà un’esperienza immersiva che amplifica il messaggio del disco.
La produzione è farina di quale sacco? Come hai lavorato sui suoni?
La produzione è farina del mio sacco… ma condita con le spezie giuste. Lavoro in squadra, certo, ma ogni suono, ogni beat passa prima dal mio cuore e poi dalle mie mani. Non mi accontento mai del “va bene così”, voglio che ogni traccia abbia un’identità precisa, un’anima. Sono partito da sample ruvidi, suoni urbani, cemento e metropolitana, poi li ho incastrati con ritmiche r’n’b e vibrazioni più moderne. Uso synth caldi ma anche distorsioni fredde, a seconda dell’umore che voglio evocare.
L’idea è creare un ponte tra l’emotività e la realtà, tra strada e sentimento. Non è solo musica, è un’esperienza. Ogni dettaglio conta, ogni suono dice qualcosa.