Trio abruzzese quello dei The Young Nope ma cosmopolita nei suoni e apolide nelle ragioni che hanno dato i natali alle canzoni di questo lavoro intitolato “Gulp!” dove si ricerca il passato, troppo spesso (come in questo caso) ancorato a quelle decadi che dagli anni ’70 ci hanno traghettato fin dentro il periodo di fuoco degli anni ’90. E il futuro arriva nella leggerezza delle liriche e in quel modo anacronistico di pensare alle soluzioni. Un disco acqua e sapone che certamente non insegue le trasgressioni (troppo spesso vane) di una qualche innovazione del futuro digitale… anzi, sembra tenersene debitamente a distanza. “Gulp!” è un lavoro antico, figlio di fiori che ancora oggi crescono su un terreno fertilissimo di quella semina che per davvero ha cambiato il modo di pensare alla musica. Dunque una dolce psichedelia “pop” armata di ruggine per non dimenticare i natali rock e le ironiche (ma non troppo) distrazioni “punk”. “Gulp!” è un bel disco che si chiude con una traccia strumentale che forse, più di tutte le altre canzoni, rappresenta il tutto di questo nuovo momento per i The Young Nope.
Partiamo dal tempo. Voi lo sfidate, tornando indietro in epoche di grandissima influenza sociale… definendola maggiormente, qual è l’epoca che più vi sentite addosso?
In realtà nessuna particolarmente, Gulp! ha sonorità tipiche dei ‘70 e dei ‘90, però non ci poniamo limiti non preferiamo a poche a discapito di altre.
Questo sembra essere un disco di istantanee emotive più che narrazioni musicali. Che rapporto avete con la dimensione del racconto in forma canzone?
La dimensione del racconto nei nostri brani non assume le caratteristiche formali tradizionali. Non scriviamo canzoni che parlano di una storia, scriviamo canzoni che sono la storia. I nostri brani non vogliono essere l’accompagnamento musicale di nessuna narrazione, anzi vogliono essere essi stessi la narrazione, vogliono che sia il tessuto musicale e strumentale a costruire un racconto e non viceversa. Io direi che le instantee emotive siano in realtà unite alla narrazione musicale, vogliamo suonare e lasciare il nostro ascoltatore libero di essere sorpreso, impressionato e, perché no, anche di creare un contenuto narrativo strettamente personale e soggettivo.
Vi ho fatto questa domanda proprio per arrivare al nuovo singolo, il brano che chiude il disco. Uno strumentale. Che sia questa la vera dimensione di libera espressione?
Esattamente, l’intento era proprio quello. “Musica per un Film” è un brano alla portata di tutti, di libera interpretazione. È la colonna sonora del film di ogni persona e vuole essere un prodotto assolutamente universale.
E poi è anche caratteristico questo muovere le dinamiche in modo a volte poco prevedibile… Forse “Chiudi gli occhi” è un esempio… cosa rappresenta questa scelta?
È vero, “Chiudi gli occhi” è l’esempio perfetto per descrivere questo aspetto. L’idea è quella di non dare riferimenti specifici, di risultare dinamici e imprevedibili al tempo stesso. Cerchiamo di rielaborare questa idea in ogni album che facciamo.
Ed infine… figli di un tempo passato, avete pensato di stampare in vinile?
Sarebbe grandioso, il vinile è storia, è eterno, sotto ogni punto di vista. Per adesso abbiamo stampato soltanto CD, ma non nascondiamo il desiderio di fare anche copie in vinile. Rispecchiando anche la dimensione vintage dell’album.