Parliamo di Sasha Vinci, artista visionario con moltissimi riflessi di luce che puntano dritti sul cuore sociale dell’uomo e della sua vita su questa terra dentro questo tempo. L’incontro e il rinnovato lavoro con Vincent Migliorisi porta dunque alla nascita di questo disco dal titolo “Mercurio”, ormai in superficie da diversi mesi. Ne parliamo qui in questa bella intervista e vi lasciamo alla visione dei due video ufficiali dentro cui la luce, i suoi colori e le visioni danno una misura di quanto questo lavoro abbia un elenco davvero importante di chiavi di lettura. Il pop coniugato dal suono digitale, sospeso dentro liriche che abbracciano la filosofia e le soluzioni anche più “normali”… inevitabile il rimando ad un certo Battiato, a qualche sfumatura di tutto quel filone musicale che lascia celebrare l’incontro tra uomo e suono.
L’uomo muta. Il tempo cambia. La ragione anche. Cosa invece è un punto fermo immobile?
L’arte è l’unico punto fermo che colora tutti gli aspetti della mia esistenza. Alimenta la vita, la curiosità, l’amore e la rabbia. Elemento dominante per comprendere e attraversare “le vertebre dei giorni”. È quell’indomita meraviglia, violenta ed imprevedibile, che si trasforma continuamente, muta la sua forma e mi permette di essere sempre diverso.
E tu come uomo che cambiamento hai vissuto dentro questo disco?
Con “Mercurio” ho scelto di respirare, poi saltare in un “abgrund” sconosciuto e meraviglioso. Mi sono addentrato in un mondo creativo e diverso, per sperimentare nuove visioni e nuovi linguaggi. Ho riscoperto una giovane frenesia che mi ha vivificato, in un momento in cui stavo attraversando uno di quei periodi difficili che spesso la vita ci pone davanti.
E a seguito di questo disco? È cambiata in qualche modo l’arte e la sua forma?
La forma della mia arte è in continuo mutamento. Definisco la mia ricerca schizofrenica, perché animata da una frenesia che mi spinge ad osservare sempre nuovi orizzonti, ad immaginare ed elaborare concetti, visioni e soluzioni tecniche, in grado di trasportarmi verso nuove possibilità. Con “Mercurio” ho ulteriormente cambiato pelle. Mi sono addentrato in un mondo creativo differente, quello della musica, della canzone d’autore. La conoscenza e la conquista di questi nuovi spazi espressivi ha innescato, inevitabilmente, un processo di cambiamento.
Oggi, grazie a questo progetto, ho una rinnovata consapevolezza: quella di poter e voler intensificare e rafforzare il più possibile la commistione tra mondo delle arti visive e quello della musica.
Citi molto Vincent Migliorisi. Citi uno studio che diviene casa nei tempi assurdi di oggi. Citi la contaminazione e citi la forma canzone che oggi più di prima fa parte di te. Che rapporto hai con tutto questo oggi?
È indispensabile per me. Lo studio diviene casa perché si trascorrono all’interno innumerevoli ore, è lo spazio del pensiero, dove si crea, si mescolano i colori, si impasta la materia. È un confronto con sé stessi e con i propri limiti costante e continuo, a volte ossessivo. Quando abbiamo deciso di iniziare a lavorare al progetto cantautorale ho condiviso quella solitudine e il mio punto di vista con Vincent. Questo confronto continua ed è fondamentale per crescere, mettersi in discussione. La musica, così come la canzone, sono ormai da molti anni parti inscindibili della mia ricerca, semplicemente con “Mercurio” hanno trovato una loro prima sintesi formale. Ringrazio per questo la galleria aA29 Project Room che mi rappresenta, perché ha supportato e sostenuto l’intero progetto, permettendomi così di dare forma e voce alla mia arte.
Nei video, correggimi se sbaglio, incontriamo alcune delle tue opere. In che modo si legano al suono e alle sue liriche?
“Mercurio” è un progetto multiforme, in cui si incontrano e si connettono diverse esperienze tecniche, concettuali ed estetiche della mia ricerca. Ogni linguaggio creativo è connesso agli altri, insieme concorrono a creare un equilibrio unico. I video, le immagini, le sculture, le parole e i suoni di “Mercurio” rispondono ad una precisa esigenza espressiva, per creare un’opera d’arte totale.
Esiste una dimensione tribale dentro quelle opere ma anche dentro i moti percussivi di questo disco o sbaglio?
Le mie opere sono intrise di simbologie e di archetipi come ad esempio le piume, legate alle tradizioni e alla storia della mia terra, la Sicilia.
Inevitabilmente questa dimensione ha contaminato anche “Mercurio”, perché è parte inestricabile di me.
L’immaginario dell’album, le visioni che si intrecciano e che si dispiegano al ritmo delle parole sono le stesse, quelle di rabbia, paura, dolore e leggerezza, che si leggono anche nei miei disegni e dipinti. L’idea di partenza è sempre la stessa: fondere elementi legati al mondo della natura e dell’essere umano in una visione plurale e molteplice, che non discrimina e separa, ma che genera coerenza, rivela un gioco di convivenza possibile tra tutti gli esseri viventi.
Ma dunque la mutevolezza, ragione prima del lavoro (credo io), è il vero cuore di tutto?
Mutevolezza e trasformazione sono sicuramente due punti focali che si ritrovano in tutta l’evoluzione della mia ricerca. Due componenti che appartengono a tutti i ritmi biologici dell’esistente. La vita è mutevole, gli esseri che la abitano sono mutevoli, le materie naturali che la compongono sono mutevoli. Non esistono sostanze intrise di eternità.