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OTTODIX: la seduzione della verità

Certe interviste celebrano la verità. Ma prima delle parole è la musica che sa fare bene il mestiere del messaggero, privo di maschere e di retoriche da ufficio, privo di moralismi facili e di demagogie comode. Ritroviamo Alessandro Zannier e quindi ritroviamo OTTODIX per la ghiotta occasione di parlare del VINILE. Esatto, perché quel bellissimo disco che è stato – e che continua ad aver voce fresca – dal titolo “Micromega” oggi arriva negli store anche nel formato vinile. Qualche piccola novità rispetto al CD e i nuovi video realizzati con la conduzione artistica di Flavio Ferri. Ritroviamo l’artista visionario che cementa assieme nel concetto e nell’estetica la sua espressione che sia di materia da plasmare, che sia luce, che sia suono. OTTODIX che sviluppa una ricerca poetica lasciandosi ispirare da Voltaire e affrontando un disco che oserei definire politico in senso morale. L’uomo, l’alpha e l’omega (non ancora raggiunta ma forse predicibile), la visione del micro e del macro e quindi, attraverso un pop elettronico futuristico, la ricerca che si fa – come dicevamo – poetica per descrivere la società che siamo. In onda il nuovo video “Elettricità” in cui è la tensione sociale a governare l’incontro e lo scontro degli individui. Ma qui siamo a metà del viaggio. Un concept interessante in questo mare di superficialità estetica. 

Ristampare un vinile. Partiamo da qui. Che significato e che messaggio lancia? Oggi che stanno tornando i vinili…

Noi della “vecchia guardia” abbiamo sofferto tutti un po’ con l’arrivo del cd perché tutto si riduceva all’importanza della qualità audio a discapito della consultazione comoda dell’album vero e proprio, testi e foto comprese. Era l’immaginario in cui immergerci tentando di capire l’universo visivo dell’artista che stavamo ascoltando. Con la fine anche del cd (imminente) resta il mare fluido dei brani digitali singoli, degli album smembrati, delle playlist in cui si perde il fascino, spesso, di un progetto completo. Oppure lui, il vinile, che sotto una certa soglia di vendite non è mai più sceso, anzi è un po’ risalito, mettendo in seria difficoltà il cd che ha ormai i mesi contati e va a picco. Non c’era molta scelta, soprattutto essendo una ristampa; volevo dare a quest’album la dignità di un classico.

Che poi questa dicotomia interessante: OTTODIX che in “Micromega” affronta il futurismo del suono per parlarci dell’uomo, anzi della biologia dell’esistenza. Il tutto poi torna su un vinile, che è il passato per eccellenza. Che sorta di “contraddizione” è… se lo è?

Nessuna contraddizione, anzi: “Micromega” è ispirato a una novella di Voltaire, si muove tra scienza, filosofia e antropologia, affrontando argomenti senza tempo, ha canzoni universali. Voglio che resti come un classico senza tempo, quindi l’oggetto ideale per la sua consultazione è il formato classico del vinile. Un volume da libreria da consultare al di fuori dalle mode, con riflessioni sempre verdi. Con lo stesso spirito è stato concepito lo spettacolo live, che verrà portato in concerto a prescindere da nuovi album in promozione parallelamente. Quello che caratterizzerà Ottodix d’ora in poi sarà proprio la messa in scena di live show differenti legati a album e argomenti diversi, come una compagnia teatrale che porta in giro distinte commedie. Ho sempre fatto concept album da 10 anni a questa parte, quindi è ora di palesare questa cosa.

Parliamo di questo viaggio. Torniamo a parlare di “Micromega”. Dalla particella elementare al multiverso. La tappa che ti ha maggiormente entusiasmato dal punto di vista testuale e musicale?

Difficile dirlo, ogni livello della materia (nove) che ho affrontato è stato un’entusiasmante ricerca poetica attraverso la fisica, la biologia, la chimica, l’astrofisica, la geologia e l’antropologia: ho davvero dovuto leggere di tutto per cercare metafore e spunti poetici calzanti anche con l’uomo e la sua vita di tutti i giorni. Potrei citarti tra tanti l’indagine delle particelle elementari e le ipotesi sulle stringhe di “CERN” e anche la soddisfazione di aver creato e arrangiato quello sviluppo armonico che va da un intro minimal glitch alla Alva Noto, verso un mondo vicino alla Bjork degli anni 90, tramutandosi poi in un soundtrack per archi incalzante, fino ad esplodere in un rock electro potente e liberatorio. Non è stato affatto facile. O come il viaggio retrofuturista dal sound newyorkese di “Sinfonia di una galassia” dove ho perfino studiato cenni di urbanistica e di statistica per trovare analogie tra gli sviluppi a spirale delle galassie e delle metropoli. Erano anni poi, che volevo fare un brano citando le grandi orchestre americane degli anni d’oro di Hollywood. Il momento lirico più alto dell’album, a mio avviso, è dato invece da “Planisfera” e dai suoi ragionamenti sull’equivalenza dei punti di vista e sul concetto di movimento e rotazione continua della natura, destinata a cambiare in continuazione e a spostare tutto, comprese le nostre società. L’immobilismo in natura è morte. Da questo brano infatti sono partito per scrivere l’album successivo, una sorta di “spin off” di Micromega.

E poi di “vintage” c’è l’orchestrazione. Altro tassello che in qualche modo è “nuovo” per Ottodix, almeno in questo ultimo frangente se non erro. Come mai questa scelta?

In realtà le orchestre sono abbondantemente presenti da anni nei miei album, ma qui assumono un connotato più universale, più “sacro” e senza tempo. Rappresentano la storia dell’uomo e la sua fragilità, mentre il sound elettronico rappresenta la ricerca, la scienza,  la tecnologia e il futuro. Il mio sound da tempo si caratterizza proprio in questo contrasto tra armonie da soundtrack di grandi orchestre e elettronica o synth pop. Mi piacciono i contrasti che convivono in modo elegante sotto la forma canzone classica.

Oggi sei in attività più che mai. Spazio a cosa prima di tutto? Installazioni, musiche, concerti…

ùSono fin troppo attivo. La salute l’anno scorso ha cominciato a farmi brutti scherzi, quindi ora devo mirare i miei sforzi al massimo e tralasciare inutili stress. Detto questo, Micromega ha aperto una sorta di gioco perpetuo di sviluppi sia nelle arti visive (perché ci sono parallelamente delle opere e delle mostre collegate all’album e alla piattaforma digitale iper-album che ho ideato www.micromegaproject.com), che negli spettacoli live. Lo porterò avanti on stage e con opere e mostre ancora a lungo. Contemporaneamente mi sto muovendo verso un nuovo “concept” che porterà a un nuovo album e a una nuova serie di opere e a dei lunghi viaggi, finché avrò energia per farli. Più faccio cose più mi viene voglia di fare cose. Quest’anno dovrei realizzare, se tutto va bene, due opere per due collettive importanti a Venezia, una mostra in Brasile e un paio di cose con la Cina, sempre legate a Micromega e al connubio tra arte e scienza. Speriamo di avere le energie di riuscire a portare tutto a compimento. Per fortuna sono circondato da persone straordinarie che mi supportano, nel privato e nella musica. Il mio rapporto con i miei musicisti non è mai stato così buono, è una cosa davvero importante, anche per questo ho deciso di pubblicare un doppio album live “RadioStudioSessions 2009 > 2019” contenente session live inedite registrate in studio o in diretta radio (Radio Capodistria 2018) nell’arco degli ultimi 10 anni.