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ONDANUEVE STRING QUARTET: semplici “Mutazioni”

Semplici. Si fa per dire. Dalla copertina ho la sensazione che ci sia un deserto ma che sia rigoglioso e che crescano piante che diventano violoncelli… ma tutto attorno è arido forse. E allora è nella carestia di comprensione e spazio e cultura che cresce ancora un “violoncello”, o forse sono violini, come segni di quel mondo classico che è radice di ogni cosa… e attenzione: non si dica poi che siamo bigotti e puristi. Scopro e conosco per la prima volta gli Ondanueve String Quartet, loro che hanno lunga carriera alle spalle, tra sonorizzazioni varie. L’intento pare semplice ora, in questo disco di inediti che hanno titolato “Mutazioni”: è dalla radice colta che si parte per incontrare il popolo. E sono 5 scritture strumentali in cui tra l’altro, agli archi dei nostri musici, compaiono anche percussioni di Riccardo Schmitt… ma le percussioni sono un’ornamento al cuore del violino di Andrea Esposito e di Paolo Sasso, alla viola di Luigi Tufano e al violoncello di Marco Pescosolido. “Mutazioni” è gitano come in “Murena” ma è anche pop come in “Sbeat” che è poi anche un bellissimo video che gira di seguito. “Mutazioni” è anche e soprattutto incontro. La vita si produce dall’incontro. Una musica importante… e finalmente non siamo qui a decantare le solite apparenze. Un’altra grande produzione  per la RadiciMusic.

ONDANUEVE: iniziamo da questo nome. Come un’onda di novità, estetica, sonora, di forma. Così percepisco il suono di questo nome… e voi?
In realtà il nostro nome ha diversi significati, oltre a quello della nuova ondata in realtà il “nueve” sta per 9 in spagnolo, un numero molto energetico legato alla rinascita e al liberarsi da limiti e vincoli, nel nostro caso musicali.

Che poi “Mutazioni” mette in mostra come di nuovo ci sia davvero poco. È più un rimescolare le antiche carte… così antiche che forse oggi, riascoltarle, è un’esperienza nuova… non trovate?
Questo accade in ogni campo. Nulla si crea, nulla si distrugge… e citando una frase di Ugo Foscolo “L’arte non consiste nel rappresentare cose nuove, bensì nel rappresentare con novità”

Pensando al main stream: quanto stiamo perdendo di musica e di cultura oggi in Italia?
E’ un po’ la conseguenza di una scelta culturale: si vuole educare l’ascoltatore avendo una visione culturale lungimirante o accontentarlo ricavando guadagni facili a breve termine? Purtroppo quasi sempre si sceglie la seconda opzione. Noi, nel nostro piccolo cerchiamo una via di mezzo, cercando di appassionare l’ascoltatore abituato al mainstream utilizzando dei codici facili da riconoscere, ma contestualizzandoli in un progetto più complesso ed impegnativo in modo da, sempre nel nostro piccolo, educalo e permettergli poi di appassionarsi ulteriormente con più consapevolezza.. dopotutto, anche se non va più di moda e volendo estremizzare, un disco di un qualsiasi cantante pop non potrà mai dare le emozioni che crea una sinfonia di Beethoven o di Mahler.

La scrittura di composizioni inedite. Per voi che esperienza è stata? Una dimensione non totalmente nuova per voi…
Il concetto che abbiamo nei riarrangiamenti di pezzi famosi, cosa che abbiamo fatto nei primi 2 dischi in realtà è talmente personale e libero da avvicinarsi molto alla composizione originale, ma certamente si beneficia sempre della forza del pezzo conosciuto che si associa poi alla novità dell’arrangiamento, modo di suonare ecc. Un progetto inedito è comunque sempre un’esperienza nuova e rischiosa che però dona quel giusto pizzico di adrenalina a cui ogni musicista non dovrebbe mai rinunciare per sentirsi musicalmente vivo

E fare un disco oggi, cosa significa per voi? Che poi un disco in genere promette sempre di custodire una decina di brani. Invece per voi…
Un disco per noi significa vivere un’esperienza, un viaggio.. che vorremmo nel nostro ideale che ogni ascoltatore facesse per intero, dal primo all’ultimo pezzo. In tanti anni di attività su un palco insieme ed individualmente durante i nostri percorsi personali, ci siamo accorti (e sicuramente non siamo i soli) che un’intrattenimento molto lungo, che sia su un palco o su un fonogramma, potrebbe saturare l’attenzione di chi ci ascolta e non generare alla fine della performance o del disco quella sana curiosità, quell’ “appetito” che porta poi a continuare ad avere interesse per il gruppo/progetto. Se uniamo a questo la frenesia dello stile di vita medio che ormai si è creato nei giorni d’oggi in cui quasi nessuno ha più un’ora e passa di tempo da dedicare all’ascolto, il fatto che i nostri pezzi sono strumentali e che durano in media molto di piu di un classico pezzo pop da 3 minuti, riteniamo che 5 brani sia un numero giusto in questo caso

A breve arricchirete i vostri spettacoli da un corpo di ballo. E poi anche percussioni come nel disco e chissà cos’altro in futuro. E la parola? Che ruolo ha avuto nella vostra musica, nella vostra vita artistica?
Nel nostro caso, specificatamente in questo progetto la parola la genera la musica. E’ il bello della musica strumentale, in cui ogni ascoltatore interpreta in base alle proprie esperienze e alle sensazioni che quella musica trasmette. Abbiamo inoltre deciso di unirci da tempo col percussionista Riccardo Schmitt ormai il nostro “quinto elemento” e per i live di questo nuovo album alle Viole Velate, delle ballerine Fusion che uniscono insieme diversi generi etnici e non di ballo come noi nella musica.