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MEZZAVERA: l’altra metà della vita

Parliamo di pop, parliamo di indie, parliamo di suoni metropolitani… parliamo dei figli del futuro di oggi, di questo modo sbarazzino e popolare di mescolare i beat e quel retrogusto r’n’b e hip-hop alle trame della nuova forma di canzone d’autore. Parliamo dell’esordio di MEZZAVERA, ovvero Cecilia Spinelli che scende in pista dalla sua Roma metropolitana dai contorni digitali e ci racconta il suo “Vizi Capitali” un primo disco che ha tutta l’aria di uno sfogo personale, di una rivalsa che sempre più spesso le trame del quotidiano effimero che impera in ogni dove annichilisce e soffoca. Spazio vitale: ecco una buona parola per decantare un disco che ha dentro di se l’ingenuità e la potenza del libero pensiero. Dopo aver vinto il Lazio Sound avrà già pronte le valige per un bel mini tour in Giappone. E questo è quanto… e non è certamente poco…

 

Benvenuta Mezzavera. Benvenuta Cecilia Spinelli. Benvenuto a “Vizi Capitali”. Partiamo da qui: perché un titolo simile in un disco che sembra parlarci di una personale conquista di felicità? Non so se ti è piaciuta questa mia “sintesi” di concetto…
Prima di tutto grazie per il benvenuto! “Vizi Capitali” è una sintesi imperfetta della mia vita degli ultimi anni. Un dipinto di mezze verità in cui sicuramente, come hai suggerito, si conquista la felicità attraverso un percorso che non è però privo di vizi, di inclinazioni profonde, morali e comportamentali dell’anima umana. Sette le canzoni dell’album e sette i vizi capitali.

Parliamo poi di questo moniker che ti porti dietro. Mezzavera… significa che ognuno di noi ha anche delle ombre, delle bugie?
Per quanto vero non direi che questo rappresenti il significato del mio nome d’arte. Direi piuttosto che Mezzavera è un modo per enfatizzare il carattere autobiografico dei miei testi, ricordando però che l’altra faccia della medaglia è rappresentata dalla fantasia e dall’immaginazione e mi piacerebbe che chi si immerge in un mio brano si lasci il tempo e lo spazio per disegnare il suo foglio con i colori che più gli appartengono e farlo diventare suo.

Oppure può anche leggersi come: la musica che faccio è la parte vera di me…?
Ecco, questa è sicuramente una lettura pertinente. Nella musica riesco a trovare la via più semplice per scoprirmi. Mi è capitato spesso di riuscire a comprendere cosa stessi provando dopo aver scritto un brano. Direi che scrivere per me è un po’ come mettere a fuoco. Tutto appare improvvisamente più nitido.

Così come “Luna Bugiarda”: mi lascia pensare alle falsità che arrivano dalla contemplazione di se stessi…
Luna Bugiarda è un brano a cui sono molto legata. È uno dei primi pezzi che ho scritto, in un momento in cui avevo la necessità di sputare sul foglio tutta la rabbia che avevo dentro e sostituirla a quel mezzo sorriso dietro cui mi mascheravo nel quotidiano.

Raccontaci invece dei tanti cambi di direzione artistiche che vediamo in questo disco. Dopo un primo brano come “Luna bugiarda” davvero non avrei previsto una scrittura molto milanese come “Bolle di cristallo”…
Mi piace cambiare. Penso che non ci sia cosa più sbagliata che etichettarsi in un genere musicale, si rischia di rimanere incastrati e non uscirne più. Ascolto musica, prevalentemente italiana, ma di origine e fondamenta differenti e di conseguenza mi piace l’idea di poter sperimentare prendendo spunto da quello che mi piace.

Per chiudere: quanto ti somiglia nel quotidiano la voce di Mezzavera?
Direi che, come suggerisce il nome, mi ci rispecchio al 50%.