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LO STRANIERO: nelle ossa di un “Quartiere Italiano”

La presa si fa dura e nel complesso ci sono motivi buoni per mettersi in viaggio restando fermi sullo stesso posto. Oniriche visioni tra i palazzi grigi di un quartiere di periferia. Droghe sintetiche e sedute spiritiche ma niente che alla fine sia leggero come il pop d’autore di questa nuova ondata elettronica della scena indie di oggi. Il futuro è alle porte e il nuovo disco de LO STRANIERO è bello davvero: melodie accattivanti in un sound trascinante che ricorda gli intenti futuristici dei Bluvertigo vecchia scuola… ma occhio, parliamo solo di intenti. Per il resto c’è il mordente digitale, certamente, ma c’è anche quel sano e geniale gusto per il puzzle delle dinamiche e dei “motivetti”. Si intitola “Quartiere Italiano”. A risponderci, come accade nel disco, ritroviamo le voci portanti: Giovanni Facelli e Federica Addari.

“Quartiere italiano” ha un forte potere immaginifico ma anche un retrogusto essenzialmente di provincia. Dunque questo disco da dove nasce: dall’immaginazione o dalla realtà?
(Giovanni)
Sia dall’immaginazione che dalla realtà. All’inizio erano episodi autoconclusivi frutto della libertà creativa di ognuno di noi, man mano le canzoni hanno iniziato ad intrecciarsi da sole, così ci siamo resi conto che stavamo raccontando un ipotetico quartiere. La realtà ovviamente ci influenza perché abbiamo vissuto i quartieri delle grandi città e i rioni della provincia da cui proveniamo.. le vicende umane suggestionano la nostra scrittura. Nel prologo “Dove vai” cantiamo “Con un codice preciso inizia un regime di pura fantasia”, ora aggiungiamo “Ogni riferimento è più o meno casuale”… il “Fondi di bottiglia che presta i soldi” esiste davvero!

Che poi vorrei fare un focus anche sulla copertina: il popolo del quartiere?
(Federica)
La copertina rispecchia bene quello che è il disco: una fusione tra realtà, fantasia e immaginazione. C’è il popolo del quartiere, ma ci sono anche le icone, volti che animano la notte, adolescenti che si abbracciano o che stanno per partire guardandosi indietro un’ultima volta, c’è il vampiro, uomini comuni, personaggi inventati .. Il nostro quartiere è fatto di uomini, ma non solo…

E sempre restando in tema: c’è anche un forte cenno alla multietnicità del popolo. Anche la scrittura del disco non è di solo pop italiano ma spazia tantissimo. È solo una mia impressione?
(Giovanni)
Sono canzoni pop scritte e eseguite in modo personale, non per forza in linea con un gusto univoco o attuale. Ale Bavo che ha prodotto il disco ci ha aiutati a riassumere le intenzioni.. le storie, i volti, lo stile, il mood cambiano nel quartiere, è possibile perdere il punto di riferimento e poi ritrovarlo.

Questo connubio tra voci femminili e maschili. Momenti corali ma anche momenti individuali. Come mai questa scelta, che cosa sta a significare questa doppia anima alle canzoni?
(Federica)
Sta a significare che ci siamo noi, ma ci sono anche gli altri e noi in mezzo a tanti. Questa è la dimensione che ci piace ed è quella da cui ci facciamo ispirare. Da qui il coro, la polifonia. E’ un racconto a più voci, la fusione della voce maschile e femminile aiuta molto a rendere quest’idea.

(Giovanni)
Divertirci, osare, non accontentarci e creare ambiguità. La protagonista di Sorella è molto diversa da quella di Madonne, noi diventiamo la voce di queste figure. Il gruppo è nato con questa formula ma non è escluso che un domani sul palco ci siano altri musicisti accanto a noi. Con più voci aumentano le possibilità sonore e narrative.

Vi lancio l’input per un’analisi: perché ad un tratto si esce in terrazza ad osservare le stelle e poi si riparte…
(Giovanni)
Se il quartiere è caotico serve fermarsi e in qualche modo trovare pace, per poi ributtarsi nella mischia!

(Federica)
… ma alla fine si ritorna sempre!