Quando per la prima volta ho sentito parlare di Florence and the Machine o meglio la prima volta che l’ho vista, devo ammettere di non averle dato molto credito.
Pensavo fosse, di nuovo, uno di quegli esperimenti delle case discografiche, come ai tempi delle “bionde del pop” (Britney, Christina e tutte le altre) per vendere di più con l’aspetto piuttosto che con il talento.
Se Florence and the Machine , che all’anagrafe è Florence Welch, non fosse così perfettamente inglese, non avesse quei perfetti capelli rossi, quella perfetta pelle diafana e un perfetto look d’ispirazione quasi botticelliana, avrebbe lo stesso tutto il successo che sta avendo?
Assolutamente si, perchè in realtà ha una dono, prezioso quanto raro, che la distingue da molte delle altre cantanti in voga al momento, il carisma.
Ecco è proprio questo il suo punto forte, avere una personalità forte e diciamolo anche un immagine ricercata messa li non tanto per attirare la gente, ma che è perfettamente attinente alla musica.
La ragazza è ovviamente anche un eccellente interprete, ha una voce forte e che non passa di certo inosservata, a tratti persino soul ,che rende i pezzi del suo album di debutto “Lungs” sorprendentemente avvolgenti e trascinanti.
Il disco dal canto suo è ben confezionato, anche se al primo ascolto può sembrare tipicamente pop e facilmente fruibile, se si fa più attenzione, i ritmi sostenuti e suadenti, svelano un anima raffinatamente indie-rock .
Detto questo,come riuscire a rimanere fermi davanti agli arrangiamenti ruvidi di “Girl with one eye” o alla carica di “Kiss with a fist”, due delle migliori track di tutto il cd?
Non si può.
Ma Florence and the Machine non è solo questo.
Tutto il disco è pervaso da un’aria barocca, con qualche contaminazione elettronica, il tutto reso squisitamente indie sopratutto dalla potenza della sua voce, a testi personali e intimisti, alle volte quasi rabbiosi e a tanti, piccoli particolari dal retrogusto dark che fanno la differenza.
“Lungs” alla fine è un disco ben fatto, a tratti leggero e al quanto orecchiabile,ma nobilitato da uno spessore non indifferente .
Certo questo anche grazie all’influenza di grandi artiste più o meno recenti: dalla teatralità di Annie Lennox, all’acida ironia e spensieratezza di Kate Nash e all’approccio doloroso e vellutato di Fiona Apple, in perfetto equilibrio con il considerevole talento dell’artista, ma anche con il supporto dell’esperienza dei produttori con cui ha collaborato: James Ford (Arctic Monkeys, Klaxons), Paul Epworth (Bloc Party, Babyshambles, Maximo Park, Primal Scream) e Richard Flack (Tina Turner, Skin, Robbie Williams, Kylie Minogue).
Un gran bel disco, che vale un ascolto duraturo nel tempo e che insegna come spesso le prime impressioni non sono quelle che contano.