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Eugenio Ripepi: senza filtri, senza maschere

Terzo lavoro per Eugenio Ripepi, cantautore ligure, artista che oggi si concede il lusso di dare spazio ad una “dilogia” spirituale e concettuale: un primo lavoro “per occhio destro” – occhio di spiritualità, di emozioni, di visioni libere e senza forma – a cui ovviamente ci aspettiamo che segua un lavoro “per occhio sinistro”, più razionale e meno pindarico. Si intitola “Roma non si rade” ed è un disco di verità senza filtri anche goliardico come nel video di “Nicole”… ma dentro la leggerezza si intrecciano motivi di bellezza reale, di riflessioni, di intimi modi di stare al mondo. Un disco pop, leggero, colorato, socialmente reggae e dolcemente schiavo ma con fame di rivoluzione.

“Roma non si rade”. Ne sei sicuro? Oppure è qualcosa che vorresti che fosse?
Ne sono sicuro. Ha camminato talmente tanta storia su Roma, che quando le scansi le strade sul volto antico, non puoi pensare di essere altro che una piccola tessera di un immenso mosaico. Anzi, se dovessi volere qualcosa, vorrei che fosse diverso; sarebbe sicuramente più confortante per il mio ego. È giusto invece arrendersi alla grandezza della storia e al fatto che non si prepara per te, qualunque idea tu possa aver avuto pensando di essere il primo.

La vita in genere secondo te “si rade”? Visto che ormai tutti siamo vittime e schivi dell’apparire…
Assolutamente no, la vita non si prepara e noi siamo impreparati alla vita. Ma se pensiamo di seguire le tendenze e omologarci alla massa per la nostra ansia di consenso e per gestire una maggiore tranquillità esistenziale nel non dover scegliere, la schiavitù dell’apparenza che tu evochi ci renderà vuoti e la mancanza di libertà ci impedirà di essere felici. Dobbiamo accettare la nostra impreparazione e l’impreparazione della vita. Anche i recenti avvenimenti ci hanno dimostrato di quanto tutto sia attaccato a un filo.

Eppure in questa copertina Roma non c’è. C’è invece il mare… e ci sono tanti caratteri diversi… ce la racconti?
Già nei miei intenti iniziali la copertina non voleva essere una didascalia del titolo, ma un’opera d’arte che rispecchiasse in massimo grado i sentimenti profusi nel creare i contenuti. Non avrei mai pensato di aspirare però a tanto. In copertina c’è un’opera di uno dei più grandi artisti contemporanei: Settimio Benedusi. Non lo ringrazierò mai a sufficienza per questo. Settimio non ha bisogno chiaramente di alcuna presentazione, essendo entrato di prepotenza da svariati decenni nella storia della fotografia internazionale. In questa mia dilogia discografica, “Colori a occhi chiusi”, in cui mi interrogo su cosa vediamo noi a palpebre abbassate, e conseguenzialmente in questo “Occhio destro”, “Roma non si rade”, prima parte della dilogia, che attiene maggiormente alla sfera metafisica, ho l’opportunità di adottare questa koiné fotografica, figlia di un occhio così potente, puro, perché pulito dai dogmi, e perché ogni giorno si interroga sull’utilità dello sguardo fotografico. Dopo aver firmato importantissimi servizi per il Corriere della Sera e per i principali giornali italiani, Settimio quattro anni fa ha deciso di andare a piedi da Milano a Imperia, città dove è nato e dove io risiedo, senza soldi, per capire se barattando le sue fotografie sarebbe riuscito realmente ad arrivare a destinazione. Ha deciso di sopportare il costo dell’Arte sulla sua stessa vita, per capire se fosse o meno adeguato il suo cimento. E c’è riuscito. Chi avrebbe avuto il coraggio di farlo? Chi realmente lo ha fatto? Mentre qualche hobbysta era impegnato ad apporre la dicitura “photographer” sui ritratti di qualche modella col vestito della festa o peggio ancora spogliata male, Settimio si interrogava sull’utilità della fotografia camminando a piedi tra due città lontane mettendo in discussione tutto, il suo lavoro e se stesso. Questo è il vero senso della bellezza. Questo è il vero senso dell’Arte.

Ho notato come al reggae hai destinato un concetto sociale. O quasi insomma… perché? Semplice gusto oppure è un qualche tipo di citazione?
Hai notato bene, è qualcosa che mi porto dentro da sempre, come un fattore endemico del carattere musicale. Per me il reggae è la vibrazione musicale che mi fa sentire più vicino alla natura. Quindi non solo è divertimento, ma anche e soprattutto tempo per riflettere. Se rifletto posso non posso fare a meno di pensare alla diseguaglianza sociale, il vero motore di tutte le macro-problematiche mondiali.

Queste nuove canzoni arrivano oggi per quale motivo secondo te? In genere un cantautore associa sempre l’arrivo di ispirazione e di forza nel realizzare un’opera ad un motivo personale… sbaglio?
Il motivo è banale, personale ma ampiamente condiviso: lo stop forzato dovuto al lockdown, la necessità di fare i conti con se stessi. C’è chi l’ha vissuto molto male questo momento. Io, a dirti la verità, pur nella fortissima preoccupazione e nella tristezza per le tante vittime, a livello personale l’ho vissuto molto bene, recuperando tutto ciò che avevo bisogno di fare uscire e restava sedimentato da troppo tempo. Infatti a questo disco ne seguirà un altro nel 2021.

A chiudere: nel grande circo di distrazione di massa, un disco di raffinate parole come questo, secondo te a chi e come può ancora “rubare” tempo e attenzione?
Intanto ti ringrazio. È una questione molto interessante che mi sono posto anche io, soprattutto dopo confronti con personaggi chiave dell’industria musicale che mi ritenevano abile a un ruolo distinto di intellettuale non appetibile alle masse. Devo dirti che alcune campagne social hanno evidenziato un maggiore riscontro dei miei contenuti nelle fasce più, con un rapporto di proporzionalità addirittura sbilanciato. Questo mi ha dato una rinnovata fiducia in un pubblico fresco e nell’attenzione che le nuove generazioni hanno nei confronti del mio lavoro. Certo, se ci si ostina a cibare il pubblico di invettive sgonfie, nell’ottica di un’ottimizzazione dei costi ormai inutile, la povertà di contenuti e la facilità d’ascolto avrà uno spazio rilevante. Ma se scopri che la proposta di contenuti più curati da un punto di vista letterario e musicale ha un notevole ascolto da parte dei giovanissimi, ti rendi conto che probabilmente è un semplice problema di proposta, e di mancanza di coraggio da parte di chi può farlo.