Acido e lisergico. Introspettivo con una scrittura diretta ma per niente scontata. Siamo dentro un bar probabilmente, siamo alle porte della grande città. Siamo nella provincia che quasi torna alla mente il pomeriggio dentro cui si consumava Radiofreccia. Ma non siamo negli anni ’90 e neanche in quelli precedenti. Siamo negli anni 2000 e più in cui ormai il grunge ha preso mille altre derive e dietro un muro di noise più o meno controllato elettronicamente ci sono creature come i Banana Joe che danno alla luce un bellissimo disco di rock industriale dei tempi moderni. Si intitola “Supervintage” e non cerca etichette e non insegue consensi. Piuttosto fa il maleducato con acide apparizioni di melodie accattivanti, un po’ inglesi a dir la veirtà. Punto e a capo. Li abbiamo incrociati per una delle nostre interviste.
Allora partiamo da questo nome che ovviamente rimanda al grande film di Bud: come nasce BANANA JOE?
Il nome Banana Joe nasce un po’ per caso, Banana Joe perché volevamo ricreare il suono dei pugni di Bud con il rullante della batteria e poi suona bene (che per noi è importante) ci piace quando le cose suonano bene, e ovviamente amiamo Bud in tutti i suoi film.
Ma soprattutto come nascono i Banana JOE? Rivoluzione dal garage del post scuola?
In realtà siamo nati da una grigliata, in pieno stile “Bananiano”, tra costine e vini da grigliata, poi ritrovati il saletta a jammare. All’inizio eravamo solo in due, io (Andrea) batteria e voce e Fulvio alla chitarra, tutto in chiave goliardica e senza troppo impegno. Dopo di ché trovandoci in sintonia nel comporre, abbiamo deciso di voler scrivere canzoni. Formazione: io voce e Basso Fulvio: chitarra batteria: non avevamo un batterista fisso, ma turnisti che ci aiutavano in studio e in vista dei primi live. Lele (batteria) è passato a sentirci al nostro primo live in apertura dei Combine, dopo il live è entrato a far parte della famiglia Joe. Da qual momento cambio’ tutto. Sinergia totale.
Mi colpisce la traccia finale: un titolo strano che rimanda all’omertà e non a caso è l’unico brano strumentale del disco, quindi senza parole…
“Omertse” potrebbe anche voler dire qualcos’altro, aspettiamo ancora che qualcuno lo scopra;)
Dunque i BANANA JOE e Fabio Cuomo. Che tipo di incontro è stato?
Fabio Cuomo è un genio della musica, qualunque cosa tocchi suona e suona bene. Abbiamo conosciuto Fabio per varie collaborazioni Audio/ Video tra lui e Fulvio, ed è stato molto presente durante il periodo di ricerca del suono e riprese di SuperVintage.
Mi piace tantissimo l’immagine di una seconda cannuccia, solitaria, com’è solitaria la vita delle volte…
Ci piace molto prendere spunto da oggetti/gestualità di vita comune per metaforizzare un qualcosa di più profondo è un tipo di scrittura che ci gasa.
E poi parliamo di elettronica. Quella sfacciata e determinante. Finalmente manca. Ma manca davvero?
L’elettronica in realtà è presente, ci piace un sacco l’elettronica ma non volevamo ostentare un qualcosa che ci appartiene marginalmente, non saremmo riusciti a rendere sincere le nostre canzoni. Abbiamo preferito sperimentare suoni elettronici con gli strumenti a corde per ricreare synth, riverberi, fare una sorta di shoegaze in pratica. Sicuramente il prossimo disco sarà pieno di elettronica, anche perché si chiamerà SUPERELETTRONICO, no scherzo.