Il quinto lavoro degli Arctic Monkeys è assolutamente e indiscutibilmente il più incredibile album della loro carriera, tanto che, a detta di alcuni, potrebbe anche essere il più grande disco degli ultimi dieci anni.
Senza scadere nell’esagerazione, AM è di sicuro il lavoro di una band ancora in crescita, che sta ancora imparando e ancora sperimentando, una band che non vuole guardarsi indietro, ma che guarda ad un futuro grandioso.
Gli Arctic Monkeys non sono più semplicemente una rock band, tanto meno una sensazione indie, sono diventati artisti con la A maiuscola senza mai perdere la genuinità, la poesia e la passione degli inizi.
I 41 minuti e 57 secondi di AM sono stati registrati presso gli studi Sage & Sound Recording di Los Angeles e il Rancho De La Luna a Joshua Tree, California, e si compongono di guest star famose come il re mida dei Queens Of The Stone Age, Josh Homme, lo storico batterista di Elvis Costello Pete Thomas ed l’ex-Coral Bill Ryder-Jones con la produzione affidata a James Forde e Ross Orton.
E proprio l’ambientazione, la California, è ciò che ha influenzato di più il sound che pervade il disco, con momenti in puro stile West Coast accompagnati da influenze hip-hip anni 90 e di psichedelia anni 70.
Le dodici tracce che compongono il disco, invece, parlano di argomenti che vanno dal sesso alla lussuria, dalla frustrazione e all’isolamento, con un leit motiv principale: volare alto.
Merito del solito Alex Turner, ormai entrato di diritto in quella schiera di liricisti/frontman considerati più che rockstar, dei veri e propri poeti.
Amante dei giochi di parole, di linguaggi aulici e di John Cooper Clarke, Turner non si risparmia anche questa volta, unendo malinconia e lussureggiante romanticismo ad una velata autoironia.