Con il loro primo album Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not, uscito agli inizi del 2006, gli Arctic Monkeys sono addirittura entrati nel Guinness dei primati vendendo più di un milione di copie in soli 8 giorni, battendo così il precedente record detenuto dagli Oasis
Non male per una band di ragazzini di Sheffield, che fino a quel momento tentava di farsi strada nel mondo della musica tramite Internet e il sito My Space.
Dopo appena un anno esce Favourite Wrost Nightmare, il secondo album, che non fa altro che accrescerne il successo, questa volta toccando addirittura le sponde di quegli Stati Uniti restii ad amare le indie band made in Uk.
Ora tentano di ripetere tali magie con il nuovo album, Humbug, con una variabile però, un nuovo sound.
Che gli Arctic Monkeys avessero in serbo tale cambiamento, era facile da intuire, basta pensare al loro leader, cantante e liricista, Alex Turner e all’altro suo gruppo, i Last Shadow Puppets, dalle sonorità a cavallo tra il solito brit pop anni ‘90 e cantautorato anni ’60.
Infatti il nuovo album va ad archiviare un po’ l’ormai inflazionatissimo indie-garage-brit-rock&roll che li ha lanciati, per approdare ad un suono più profondo, completo e strutturato, in pratica più maturo.
Questa svolta è sicuramente dovuta al nuovo produttore, l’istrionico Josh Homme dei Queens Of The Stone Age, che ha portato gli Arctic Monkeys a comporre e registrare nel bel mezzo del deserto californiano.
Il suo zampino è ben udibile nella solidità di queste dieci tracce che riportano indietro le lancette a sonorità rock anni ’70, ma di respiro fresco e attuale.
Tirando le somme, con Humbug aumenta si lo spessore della band, ma ciò non vuol dire che né diminuisce l’energia e la carica elettrica che li ha distinti sin dagli inizi.
Questi non sono più i ragazzini fenomeno di My Space, sono uomini, cresciuti in fretta, e bene.
Alex Turner può, oggi, concedersi anche il lusso di passare da toni malinconici a momenti più sereni senza mai perdere la sua nuova identità: una voce diventata profonda e un testi più saggi e con lui migliorano anche i compagni, qui al massimo della forma.
Una crescita a tutto tondo quella delle “Scimmie Artiche”, ormai diventata incontrovertibile, che dimostra che questo giovane gruppo di Sheffield è tra i migliori su piazza, facendo parte di quella ristretta cerchia di musicisti in grado di innovare il rock’n’roll senza stravolgerne le basi o sradicarne le radici.