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Alessandro Pacini: siderale è la pausa del sé…

Inteso, equilibrato, sicuramente personale nel suono, nella forma e nella direzione apolide dei contenuti… senza ragione e senza pregiudizi, alla ricerca continua del giusto peso da dare ai dettagli. Si intitola “Pausa siderale” la seconda prova di Alessandro Pacini che pubblica con la Seahorse Recordings di Paolo Messere che interviene nella produzione restituendo una chiave contemporanea e – forse – più acida e “digitale” al percorso sempre noir e intimista di Pacini. Disco che si fa ricco anche di una componente grafica firmata da Rossella Mercedes in cui il tratto semplice forma figure che dall’uomo invadono il resto dell’esperire… la ricerca del proprio “io” diviene una pace infinita, una pausa siderale.

Mi incuriosisce molto questa copertina. Tra l’altro la mano destra è la terra… la sinistra è l’amore… vero?
Sì, ma in questo caso i rami rigogliosi della mano sinistra e quelli spogli della mano destra rappresentano più propriamente il contrasto tra vita e morte, come condizione interiore dell’essere umano. Nell’artwork è racchiusa l’essenza del disco. L’uomo raffigurato è incompleto, angosciato, smarrito e cerca rifugio in se stesso. Il busto poggia su un’isola: un luogo sicuro e inviolato che simboleggia il suo spazio interiore, il suo rifugio dalle avversità del mondo esterno.

Perché un uomo e non una donna?
L’uomo perché rappresenta in primis me stesso e il mio stato interiore: il tormento e il tumulto dell’anima; l’incertezza e lo smarrimento; la speranza e la ricerca di se stessi attraverso l’introspezione. I temi trattati nel disco si estendono all’essere umano in generale.

Che l’uomo sia l’unica isola e l’unico rifugio possibile?
Credo che ogni essere umano sia un’isola e, in quanto tale, l’unico rifugio possibile per se stesso. L’incomunicabilità è un tema presente sia in Pavese sia in Pirandello, due autori che sento molto vicini a me. Secondo la poetica pirandelliana per quanto ci sforziamo di comunicare con gli altri, non riusciamo realmente a intenderci perché ognuno di noi possiede il proprio punto di vista sulla realtà. Ciascuno al suo interno possiede un mondo di cose e nelle parole mette il senso e il valore delle cose come sono dentro di sé. L’incomunicabilità, inevitabilmente, accresce la solitudine di ciascun essere umano.
Da Uno, nessuno e centomila: “Ma il guaio è che voi, caro, non saprete mai, né io vi potrò mai comunicare come si traduca in me quello che voi mi dite. Non avete parlato turco, no. Abbiamo usato, io e voi, la stessa lingua, le stesse parole. Ma che colpa abbiamo, io e voi, se le parole, per sé, sono vuote? Vuote, caro mio. E voi le riempite del senso vostro, nel dirmele; e io nell’accoglierle, inevitabilmente, le riempio del senso mio. Abbiamo creduto d’intenderci; non ci siamo intesi affatto”.

Domanda piccante… in un tempo indie, elettronico, di effimera estetica, un disco impegnativo come questo come pensa di parlare ad un pubblico assuefatto dal nulla?
Nel realizzare un disco l’artista dovrebbe solo esprimere se stesso nella maniera più autentica possibile, facendo confluire nell’opera tutte le sue idee e le sue emozioni. Dovrebbe fare quello che ama senza scendere a compromessi, senza pensare ai gusti del pubblico e alle mode del momento. L’artista comunica qualcosa attraverso la musica e le parole. L’opera parla a chi è capace di ascoltare. Un disco impegnativo parla a chi sa andare oltre la semplice apparenza; a chi ha il coraggio di superare il muro del pregiudizio per guardare oltre; a chi è curioso di scoprire e possiede una sensibilità tale da lasciarsi coinvolgere. I tempi inevitabilmente sono cambiati, ma i dischi impegnativi hanno sempre avuto una certa difficoltà a emergere e arrivare al grande pubblico. È una strada impervia.

E queste poche ma intense sferzate di un rock che definirei “post-atomico” … come le leghi al suono rarefatto e spesso intimo del disco?
Il disco ha avuto origine da un’agitazione confusa di stati d’animo contrastanti. Le sferzate rock rappresentano la collisione di moti interiori turbolenti che implodono e disintegrano perché incontrollabili. Attraverso il sound si può percepire chiaramente la scia di devastazione e desolazione che lasciano dietro di sé. Nelle sonorità più rarefatte e intime, invece, si può scorgere tutta l’introspezione di cui il disco è permeato.