Difficile catalogare un disco come “Cronico” che di suo sfoggia cliché decisamente inequivocabili. Queste voci che si rafforzano nelle chiuse dei periodi, questi autotune che colorano e sono parte integrante non solo di una narrazione ma divengono anche testimonianza di un periodo, di una scena, di una cultura in bilico tra hip hop e rap. E poi la melodia, a tratti analogica, a tratti pop. “Cronico” è il primo lavoro del duo Santo e Stone, figlio di un lavoro in team con la neonata crew Vero x Vero… “Cronico” è un viaggio spirituale dentro l’esistenza e dentro la creazione della propria emancipazione. E qui penso che un brano come “Voce dell’essere” sia una bandiera degna di tutto come anche il singolo “Caramelle Gommose” che gioca con l’allegoria in una dimensione assolutamente main stream per decifrare attitudini di vita quotidiane…
Che poi salta all’occhio “Cantico delle creature”, emblema immortale per ben altri lidi ma che qui torna a sposare un brano esistenziale, l’eterno rapporto tra uomo e creazione della natura in genere. Ci piace questo “salmodiare” le strofe, degne di un flow espressivo che unisce la metrica alla cruda emozione della lirica. E poi derive interessanti come “Vita” che sfoggia momenti latini, calori esotici da balere e baciate che demoliscono anche un poco quell’associazione che facciamo troppo spesso tra rap e sfarzi di denaro e potere. “Queste collane non sono niente, c’è chi sale e c’è chi scende”… parole che catturo durante l’ascolto…
E forse un brano come “Ciricado” sembra poco appartenere al tessuto incontrato sin qui. Un brano dance, un brano solare, anch’esso latino in certe soluzioni sottili di contorno, underground e da centro sociale nel modo che la voce ha di narrare una certa ciclicità della vita.
Insomma tanto cliché è vero, stilemi ripetuti che sicuramente saranno di conforto ai puristi del genere ma Santo e Stone hanno anche avuto il coraggio di uscire dai labirinti del politicamente corretto lasciando che arrivi altro a colorare e a contaminare la strada maestra. E forse a testimoniare tutto questo ci sono le due tracce che aprono e chiudono l’ascolto: “Outro” in testa e “Intro” a chiusa. Qui davvero il disco, paradossalmente, porta con se il valore più alto della sua scrittura.