Inutile qualsiasi tipo di etichetta. Ingenuità acqua e sapone e quella sincerità che ci fanno dimenticare quasi ogni cosa nonostante un suono ampiamente prodotto che dovrebbe essere preservato da soluzioni scontate. Ma l’esordio di Francesca Madeo in arte YSÉ si lascia ascoltare nonostante i piccoli vezzi che un palato fine e pignolo sono delle volte troppo evidenti. “Pezzi” è un disco onesto e umano affiancato dal suono digitale e non solo… c’è tantissima aria folk, pop leggero e quel colore a pastello di una sensibilità femminile, fresca, ancora giovane… un breve Ep che custodisce anche due cover: “Rapide” di Mahmood e “Strangers” del norvegese Sigrid. Da qualche parte ho letto etichette come “French House” a incorniciare il tutto… e ne potremmo discutere ampiamente. Certamente è un disco pop, forse un lavoro che poteva giocarsi un video ufficiale di ben altra fattura, forse una copertina esteticamente meno adolescenziale… ma “Pezzi” è così, un disco umano. E il bello è proprio dentro le tantissime ricchezze e fragilità di ognuno di noi.
Italiano e francese… e poi anche l’inglese… perché questa mescolanza?
Sono laureata in lingue e sto continuando i miei studi, ho viaggiato tanto, vissuto all’estero, e mescolo tre lingue ogni giorno nella vita quotidiana. Ho semplicemente riportato il mio essere in musica.
La tua identità? Alla fin della fiera… la tua musica che lingua parla?
Sono una linguista di professione, per me le lingue compongono un unico linguaggio. La mia identità è multilingue, contaminata, versatile, ma forte e decisa nel comunicare ciò che pensa. Questo primo EP è stato un esperimento, dei primi passi mossi nel mondo della musica. Ovviamente io scrivo anche solo in italiano, ma poiché viviamo ormai in una società fortemente contaminata e globalizzata, ho voluto provare ad unire le mie due grandi passioni, le lingue e la musica.
Restando sul tema: secondo te che valore ha questa commistione di generi, di lingue, di caratterialità? Non pensi che la musica perda identità così facendo?
In realtà io non credo sia così. Sì, è vero, l’inglese è diverso dal francese, come dall’italiano, ma il linguaggio della musica è universale. Inoltre, si tratta nel caso del francese e dell’italiano di due lingue romanze molto vicine, che si fondono con armonia, l’inglese è più discostante, ma è la lingua più diffusa al mondo e che ci piaccia o no fa sempre più parte della nostra comunicazione quotidiana.
Parliamo dei due omaggi. Mahmoud e Sigrid. Cose assai lontane tra loro. Come li hai scelti?
Li ho scelti seguendo l’istinto delle emozioni. Sono due brani che ho reso entrambi in maniera intima, e che in qualche modo parlano anche di me. Si sa che la musica anche scritta da altri spesso e volentieri parla anche di noi. Mi hanno smosso qualcosa dentro ogni volta che ne ascoltavo la versione originale, dunque ho deciso di farli un po’ miei.
Per te la musica che ruolo ha e che ruolo dovrebbe avere?
La musica è per me un potente mezzo di comunicazione, soprattutto al giorno d’oggi, e credo che noi cantautori abbiamo una forte responsabilità al riguardo. Il ruolo che dovrebbe avere è quello di mandare messaggi, più o meno profondi, e fare del bene, perché la musica in qualche modo ci fa sempre del bene.