Ben 155 mila spettatori al Festival Day de “L’Italia in una Stanza” con 100 festival presenti organizzato da MEI e Rete dei Festival insieme a OASport e OAPlus. Con queste premesse probabilmente si apre un nuovo scenario ed un nuovo equilibrio nel modo di vivere la musica, di fruirne, di darle voce… o forse questo è un segnale forte di reazione e di resistenza nei confronti di un periodo così determinante per tantissima parte della nostra normalità. E sull’onda di questo grande successo che Michele Lionello di Voci per la Libertà e Roberto Grossi di Varigotti Festival, insieme al portavoce della Rete dei Festival Giordano Sangiorgi, hanno proposto e coronato Rossana Luttazzi come Presidente Onoraria di questa grande Rete della nuova musica italiana.
Innanzitutto i nostri complimenti per questo traguardo, non solo simbolico, ma anche di un peso concreto che sta a significare molto per il mondo della nuova musica italiana. Se me lo concede, ci voglio vedere una qualche forma di contatto tra il mondo della grande comunicazione e la scena indipendente che troppo spesso vive all’ombra dei riflettori. Un lavoro continuo che sta cercando – e riuscendo ormai sempre più spesso – a far combaciare questi due grandi emisferi. Ecco: io comincerei proprio da qui. Lei cosa ne pensa in proposito? Riuscirà la musica indipendente a conquistarsi l’attenzione dei grandi media in modo definitivo e continuativo?
Mi permetta innanzi tutto di ringraziare lei, ideatore e organizzatore del MEI, il Meeting delle Etichette Indipendenti, Michele Lionello di Voci per la Libertà e Roberto Grossi di Varigotti Festival per aver pensato a me. Sono onorata, e le confesso che sento tutta la responsabilità che tale carica comporta.
E veniamo alla domanda. Penso che la musica indipendente in questi ultimi tempi abbia fatto un salto di qualità, il panorama musicale italiano è stato “inondato”da artisti provenienti dalla scena indipendente. E molti di loro hanno raggiunto i vertici delle classifiche. Credo che l’unico e il solo modo per conquistarsi l’attenzione dei grandi media per un artista, sia quello di porre ai primi posti professionalità, serietà, studio e amore per la propria musica. Se continuiamo così, con un continuo e impegnativo lavoro da parte di noi tutti, credo che la musica indipendente non possa sfuggire all’attenzione dei grandi media.
Come non citare Lelio Luttazzi. Il grande Maestro ci ha lasciato in eredità tantissimo… ma io mi fermerei su un concetto assai spinoso. Ci ha lasciato la dimostrazione di quanto grande è il lavoro che c’è dietro, la preparazione culturale e artigiana… oggi invece, troppo spesso purtroppo, ho l’impressione che queste nuove tecnologie diano troppo facilmente la possibilità di “arrivare” (e le virgolette sono d’obbligo). Fare un disco, un film, oggi sono imprese alla portata gratuita di tutti. Questo secondo lei è un vettore di scarsa qualità o di standardizzazione o una finestra di grandi opportunità espressive?
Ha ragione, mio marito ha lasciato davvero un enorme patrimonio, catalogato e archiviato dalla Fondazione Luttazzi. Era un altro modo di lavorare. Oltre alla preparazione culturale importantissima, c’era l’impegno, lo studio, la ricerca quasi esagerata al perfezionismo, una ricerca all’originalità e all’innovazione.
Purtroppo non è più così se non in rari casi. Con le nuove tecnologie, come dice lei, fare un disco, un film, sono alla portata di tutti. Secondo me i risultati sono quasi sempre di scarsa qualità. Certo, ci si impegna molto meno, è sufficiente un po’ di pratica… ma senza impegno, senza studio, senza preparazione culturale non credo proprio si possa parlare di grandi opportunità espressive!.
Oggi viviamo una rivoluzione inattesa e sorprendente per tutti i suoi versi. Qualcosa che mai si è avuto modo di vivere in passato, qualcosa che ci ha trovati totalmente impreparati. E alla velocità della luce ci stiamo reinventando dimostrando anche tantissima energia positiva ed estrosa intelligenza. Ma l’arte e la musica stanno pagando prezzi, per alcuni aspetti, mortali. Secondo lei, veicolare un concerto attraverso i mezzi della tecnologia… è una soluzione?
Certo è che stiamo vivendo un periodo complicato che mai avremmo pensato di vivere. E per fortuna abbiamo dimostrato una grande forza per reagire con positività, d’inventarci con intelligenza altri modi. I mezzi tecnologici che abbiamo usato per trasmettere un concerto, un’ensemble di musicisti per una jam session è stata sicuramente una soluzione ma non si può pensare di continuare così. La musica ci trasmette emozioni, ci reinventiamo i nostri stati d’animo con un concerto “dal vivo”, vogliamo ascoltare un artista su un palco, rivogliamo i musicisti live.
Penso che non sarebbe impossibile. Magari spazi limitati, all’aperto, osservando scrupolosamente le regole, perché no?
Il Festival Day è stato un grande successo e nessuno può negarlo. Secondo lei, al di la dei numeri, che cosa significa? Ci sta dimostrando che siamo pronti ad un nuovo modo di partecipare alla musica?
Un enorme successo: 70 festival nazionali ognuno portavoce dei suoi artisti migliori, realtà indipendenti che hanno valorizzato le migliori produzioni musicali, un entusiasmo impensabile, dieci ore di diretta streaming non stop.
Forse siamo pronti anche a questo nuovo modo di partecipare, ma dobbiamo dire che è stato L’UNICO MODO che avevamo.
E restando sul tema, quanto si sta lavorando e quanto siamo vicini o lontani al ritornare a sentire la musica per davvero “dal vivo”? C’è qualche proposta o qualche soluzione che si sta studiando in merito?
Sono state molte le iniziative, gli incontri, gli appelli per ritornare ad ascoltare la musica “dal vivo”. So che l’Agis ha incontrato il ministro Franceschini sulle possibili riaperture. Al centro della discussione le riaperture del settore dello spettacolo dal vivo, rispettando le misure di sicurezza. Secondo me regna ancora la confusione, ma spero che le istituzioni facciano presto, percheé l’arte, la musica stanno pagando prezzi altissimi.
Qualcuno diceva che un popolo senza memoria è un popolo destinato all’estinzione. La memoria viene dalla storia e per fare storia ci vogliono grandi “contenuti”. Dunque un popolo senza cultura, capace di sfornare grandi contenuti è destinato all’estinzione. Ho forte la sicurezza di trovarla d’accordo… nel caso mi dica la sua. Ma se le mie convinzioni sono giuste mi chiedo e, anzi, le chiedo: perché la grande comunicazione è così impegnata a celebrare falsi miti, bellezza effimera, banalità plastificate in ogni dove? Persino a Sanremo ormai se ne vedono di ogni… un sistema di informazione impegnato quotidianamente ad ignorare “la grande bellezza” degli artisti italiani che restano (e resistono sempre meno) dentro i cassetti delle nicchie… perché accade questo secondo lei?
La Memoria è un immenso valore. “La memoria è tesoro e custode di tutte le cose” (Cicerone). Sono perfettamente d’accordo con lei. Viviamo purtroppo in un Paese dove la meritocrazia non esiste, il sistema di valutazione e valorizzazione degli individui che dovrebbe essere basato esclusivamente sul riconoscimento dei propri meriti, delle proprie capacità, del proprio professionismo, non esiste, succede esattamente il contrario. Esprimerò concetti ovvi: viviamo in una società che ha perso le coordinate, i valori, la cultura, il buon gusto. La scuola, la famiglia che avevano l’obbligo di istruire, di insegnare con l’esempio vede che fine hanno fatto… Dunque la grande comunicazione è lo specchio della nostra società. Più le trasmissioni televisive sono deteriori, grottesche e volgari più fanno audience, più pubblicità raccolgono, più guadagni realizzano. Esiste poi la rete dei “raccomandati” da non sottovalutare. E per la musica è la medesima storia. Troppo spesso data in mano ad incompetenti, a trasmissioni che sarebbe meglio non ci fossero… e si finisce ad ignorare “la grande bellezza”, come giustamente dice lei, degli artisti con la A maiuscola.
Ad una donna come lei che ha vissuto da vicino “la grande bellezza” dell’arte e della cultura italiana, vorrei lasciarle spazio per una domanda assai difficile ma che sia una bandiera per il futuro delle nuove generazioni di artisti. Per lei che l’ha conosciuta, cos’è la bellezza? Parlando d’arte s’intenda… visto che oggi siamo così presi a misurarla con i numeri dei social e con le visualizzazioni dei video…
Ho avuto la fortuna di vivere accanto a mio marito per trentasei anni. Dunque ho frequentato gli amici di Lelio che erano musicisti stratosferici come Gianni Ferrio, Armando Trovajoli, Bruno Canfora, Piero Piccioni e altri. Personaggi come Marcello Mastroianni, Monica Vitti, artisti come Mina, Renato Sellani, Stefano Bollani, Rita Marcotulli, registi come Francesco Rosi, Lina Wertmuller e tantissimi altri. Ecco “la grande bellezza”. Un altro mondo. Tutti “Grandi”, seri professionisti, di un’umiltà imbarazzante e provvisti di un grande senso dell’umorismo, la loro caratteristica era ed è prendersi poco sul serio. Oggi succede esattamente il contrario, spesso non sono nessuno e si credono i più bravi, l’umiltà non sanno cosa sia, si prendono quasi sempre molto sul serio. Sono convinta che lo studio in primis, l’umiltà, il costante impegno, il perfezionismo, l’amore per il propio lavoro, il non prendersi troppo sul serio conti molto ma molto di più dei like sui social e del numero di visualizzazioni dei video che vanno e vengono per poi scomparire…
Rosa Celeste
12/06/2020 at 12:45Durante la presentazione del mio settimo libro “POESIA BLU JAZZ” a Triesye,Casa della Musica, ho citato Lelio Luttazzi..
Rosa Celeste
12/06/2020 at 12:47Durante la presentazione a Trieste,Casa della Musica, del mio settimo libro: “POESIA BLU JAZZ”, ho citato Lelio Luttazzi